
Le serigrafie di Mao realizzate da Andy Warhol, padre della Pop art
Luca Scarlini
Un tempo l’arte dei grandi maestri del Novecento era un fatto per pochi milionari, holding, malavitosi con la passione del bello. Oggi, invece, si può avere una multiproprietà, proprio come si prende un appartamento a Parigi o in Costa Smeralda, per usufruirne un mese all’anno. La società Artex, ovviamente con sede nel Liechtenstein, offre la possibilità di fare investimenti cartolarizzati, con una modica cifra si può diventare proprietari di un frammento di opera, che ovviamente viene mutata nella sua natura. Non si tratterà, infatti, più di musei, ma di mercati azionari: la Borsa dell’arte, inaugurata nel 2023 con la messa sul mercato dei Tre studi per un ritratto di George Dyer di Francis Bacon, prosegue ora con una serie di serigrafie Mao di Andy Warhol, valutate quaranta milioni, con azioni da 98,75 euro. Si aprono fronti nuovi e impensabili sugli usi di questi lavori, celebri, che vengono sottratti dal mondo della rappresentazione, per diventare ostaggio di un caveau. Sarà interessante comprendere quali azionisti sono interessati a una simile acquisizione condivisa, che non dà la possibilità dell’uso dell’opera, se non a condizioni di accordi tra gli aventi diritto. Come si vede al cinema ci saranno micidiali riunioni, all’ultimo sangue, dove verrà fatto valere ogni minimo punto in più. E pensare che il Mao di Warhol nasceva sull’onda della visita di Nixon in Cina, letto come evento pop, ma nel mondo della Borsa l’ironia è ovviamente bandita: contano solo le cifre e i numeri.