Sabato 21 Giugno 2025
GAETANO FEMIANI
Cronaca

Il ’macellaio’ della strage di Capaci. Brusca libero con gli sconti di pena

Autore reoconfesso di oltre 150 omicidi, poi il pentimento. Ha scontato 25 anni in carcere, vivrà sotto protezione. I parenti delle vittime: non è giusto. La sorella di Falcone: addolorata, ma è la legge voluta da Giovanni.

Autore reoconfesso di oltre 150 omicidi, poi il pentimento. Ha scontato 25 anni in carcere, vivrà sotto protezione. I parenti delle vittime: non è giusto. La sorella di Falcone: addolorata, ma è la legge voluta da Giovanni.

Autore reoconfesso di oltre 150 omicidi, poi il pentimento. Ha scontato 25 anni in carcere, vivrà sotto protezione. I parenti delle vittime: non è giusto. La sorella di Falcone: addolorata, ma è la legge voluta da Giovanni.

Giovanni Brusca, il ’macellaio di San Giuseppe Jato’, è da ieri un uomo libero. Dopo venticinque anni di carcere (gli ultimi quattro in libertà vigilata), a 64 anni il boss, che fu il boia di Totò Riina, ha terminato il suo debito con la giustizia. Fu lui, secondo le sentenze, l’uomo che il 23 maggio 1992 azionò il telecomando del tritolo che fece saltare in aria l’autostrada a Capaci, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Un gesto che segnò per sempre la storia della Repubblica.

Brusca, celebre per la sua ferocia, ha ammesso di aver ordinato o commesso oltre 150 omicidi, tra cui quello del tredicenne Giuseppe Di Matteo, rapito, tenuto in ostaggio per mesi, strangolato e sciolto nell’acido. La sua ‘colpa’: essere figlio di un collaboratore di giustizia. Una pagina nera che nessuno potrà mai dimenticare. Arrestato nel 1996 dopo anni di latitanza, inizialmente architettò un pentimento-bluff, ma poi decise di collaborare davvero. La sua scelta fu determinante per decine di indagini, per scardinare dall’interno le organizzazioni mafiose. Questa collaborazione gli permise di ottenere uno sconto di pena considerevole, fino alla libertà di oggi.

La sua uscita dal carcere non è accolta con sollievo. Anzi, suscita dolore e indignazione. "Ci amareggia moltissimo", dice Tina, vedova del capo scorta di Falcone, Antonio Montinaro. "Questa non è giustizia per i familiari delle vittime. Lo so che è stata applicata la legge, ma è come se non fosse mai successo niente". Montinaro ricorda che, pur avendo collaborato, Brusca resta un criminale, e che i familiari delle vittime non si sentono rispettati. "Mi aspetto che i palermitani scendano in piazza, che la società civile si faccia sentire". Anche Giuseppe Costanza, l’autista di Falcone sopravvissuto all’attentato, esprime amarezza: "La legge oggi non è per le persone oneste. Brusca ha sulla coscienza decine di morti ed è libero, mentre le sue vittime sono sottoterra". Maria Falcone, sorella del giudice, ricorda che la legge sui collaboratori di giustizia fu voluta dal fratello Giovanni per colpire la mafia dall’interno. "Ma come cittadina e come sorella non posso nascondere il dolore". Sulla stessa linea Nicola, il fratello del piccolo Giuseppe Di Matteo: "Umanamente non si potrà mai perdonare. Il dolore della morte di mio fratello non si rimarginerà mai". Il tempo passa, la ferita resta aperta. Mentre Brusca torna libero, l’Italia si interroga su quegli anni di sangue e sui meccanismi premiali che hanno permesso al ‘macellaio’ di tornare libero dopo una la mattanza criminale. Il sistema è regolato dall’articolo 4-bis dell’Ordinamento penitenziario, che disciplina l’accesso ai benefici per i detenuti che collaborano, stabilendo pene ridotte rispetto all’ergastolo e la possibilità di misure alternative.

La legge fu pensata per incentivare la rottura del muro di omertà e favorire arresti e condanne di altri criminali. I ministri Matteo Salvini o Nello Musumeci, chiedono di cambiarla. "È una norma palesemente sbagliata".