"Il macchinario era senza protezioni" I pm: così Laila è morta in fabbrica

Modena, chiusa l’inchiesta dopo sei mesi. L’accusa: la fustellatrice modificata per risparmiare soldi

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Risparmiare tempo e denaro togliendo le protezioni necessarie per la sicurezza degli operai. Per questo, anche per questo, sarebbe morta Laila El Harim, la mamma quarantenne rimasta schiacciata in un macchinario il 3 agosto dello scorso anno durante un turno di lavoro alla Bombonette, azienda specializzata nel packaging di Camposanto, provincia di Modena. Dopo sei mesi di complessi accertamenti e perizie la Procura ha chiuso le indagini preliminari nei confronti di Fiano Setti, 86 anni, titolare e fondatore dell’azienda e del nipote Jacopo Setti, 31 anni, responsabile per la sicurezza.

Devono rispondere di omicidio colposo in concorso con l’aggravante di essere stato commesso in violazione delle norme antinfortunistiche. Indagata anche la Bombonette srl come soggetto giuridico. Violazioni gravissime secondo gli inquirenti, poiché la macchina fustellatrice a cui la donna era addetta non possedeva una protezione statica e fissa come da manuale, sostituita da ‘pareggiatori’ di gomma regolabili manualmente consentendo così l’avvio del macchinario anche in presenza di un operatore al suo interno. Una modifica introdotta per "un vantaggio – si legge nell’atto – consistito in un risparmio economico e di tempi della lavorazione". Una carenza che sarebbe stata fatale a Laila che quella maledetta mattina entrò all’interno della fustellatrice nella fase di pre-avviamento per regolare i pareggiatori di gomma, manovra necessaria per il cambio del formato di lavorazione, ma rimase incastrata nella parte posteriore della macchina e morì schiacciata tra due pinze.

Ma non è l’unica violazione contestata. Secondo il pm Maria Angela Sighicelli, la 40enne non era stata sottoposta alla visita medica preventiva e non aveva effettuato la formazione prevista per l’uso del macchinario cui era addetta, lo stesso macchinario di cui lei stessa aveva denunciato più volte la pericolosità. "Non è stato considerato il rischio di contatto dei lavoratori con gli organi di movimento durante l’uso delle fustellatrici" riporta Studio 3A che assiste i parenti per il risarcimento.

Ora, chiuse le indagini, si profila una richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura. "Riteniamo che siano state messe in evidenza le gravi carenze in tema di sicurezza da parte dell’azienda" dice Nicola Termanini, avvocato del compagno della vittima, Manuele Altiero. "Laila deve avere giustizia, solo quando avrò giustizia posso pensare di tornare a vivere" le parole di Altiero, che lancia un appello alla politica affinchè il tema su cui è calato via via il sielnzio fino alla recente morte di un giovane stagista a Udine, e la proposta di una patente a punti per le aziende, tornino sul tavolo del governo.

Il volto sorridente di Laila, mamma di una bambina di cinque anni, si fonde con quello di Luana D’Orazio, la 22enne di Prato che soltanto tre mesi prima morì risucchiata dal rullo di un orditorio a cui lavorava. Anche in quel caso emersero carenze sulla sicuerezza in nome del profitto a buon mercato.

Emanuela Zanasi