Domenica 14 Aprile 2024

Il M5s è finito Di Maio vada fino in fondo

Raffaele

Marmo

attacco finale di Luigi Di Maio alla leadership (o presunta tale) di Giuseppe Conte e alla evidente ambiguità della sua linea politica è un sano momento di democrazia e trasparenza dentro un Movimento che ha sempre predicato bene e razzolato male proprio su questi terreni. Ma per concludere che è davvero un’operazione di benvenuta chiarificazione occorre che il ministro degli Esteri sia conseguente. E che, dunque, voglia far seguire alle parole i fatti, determinando quella inevitabile rottura tra due leader che non hanno più niente in comune e tra due linee politiche plasticamente contrapposte.

Il j’accuse di Di Maio non è uno sfogo estemporaneo dopo una prova elettorale disastrosa. È la declinazione di un cahier de doléances che viene da lontano e che, come preannunciato da più parti, trova il suo compimento a débâcle contiana certificata. È da almeno un anno e mezzo, infatti, che le traiettorie dell’attuale e dell’ex capo politico del Movimento si sono mosse in direzione opposta. E sono stati mille i passaggi delicati e dirimenti nei quali i due hanno avuto posizioni contrastanti: da ultimo l’elezione del presidente della Repubblica e la politica estera del governo rispetto alla guerra russo-ucraina. Il che non significa che non vi siano anche ragioni di potere interno al Movimento e di destini personali, a dividerli: basti pensare solo al nodo (scorsoio) della regola dei due mandati che l’ex avvocato del popolo potrebbe e vorrebbe usare come una clava per regolare una volta per tutte i conti con il suo avversario numero uno.

Dunque, in questo contesto (di lunghi coltelli) bene ha fatto Di Maio a mettere in fila i motivi della sua opposizione dura e drastica a Conte. Quello che, però, non è più accoglibile è l’idea che questo viscerale e radicale contrasto possa finire a tarallucci e vino. Anche perché il ministro degli Esteri dovrebbe sapere (e magari lo sa) che per i grillini sono finiti i tarallucci e anche il vino.