Mercoledì 24 Aprile 2024

Il linguaggio di Draghi ricorda Churchill

Massimo

Donelli

ico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore": Winston Churchill (1874-1965) il 13 maggio 1940, nel primo discorso da premier alla Camera dei Comuni. "L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente. Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire: non ti vaccini, ti ammali, ti contagi, qualcuno muore": Mario Draghi, 73 anni, il 22 luglio 2021, in conferenza stampa a Palazzo Chigi. Ecco, basta accostare le parole dell’uomo che vinse la guerra contro il Nazismo, alle parole dell’uomo che sta combattendo la guerra contro il Covid, per capire la svolta della politica italiana. Vent’anni di muscolare retorica mussoliniana ("Spezzeremo le reni alla Grecia"). Mezzo secolo di suadente lessico democristiano ("Le convergenze parallele"). Trent’anni di insulti fra capipopolo ("Vaff…"). Due anni di felpate fumisterie verbali ("Mi propongo di essere l’avvocato difensore del popolo italiano").

Tutto spazzato via in 160 giorni. Presa la guida del Paese il 13 febbraio 2021, Draghi da subito ha parlato chiaro. Competente, elegante, disinvolto ai vertici internazionali, dove lo rispettano e, in religioso silenzio, ascoltano. Instancabile, attento, deciso nella dura quotidianità di Palazzo Chigi. Composto, diretto, inequivocabile in conferenza stampa, laddove l’uso era dire senza dire. Ha vissuto buona parte della vita all’estero, il premier. Parlando soprattutto l’inglese. Che, a differenza dell’italiano, non concede vie di fuga, ma impone sintesi e chiarezza. E ciò spiega la sobrietà verbale. Da cui discende il piglio decisionista. Promise, Draghi, che avrebbe difeso l’euro dagli speculatori "Whatever it takes" ("Costi quel che costi"). E così fece. Ora, a partire dal linguaggio, vuol cambiare l’Italia. Che si aspettava di essere guidata da un grande banchiere. E si ritrova, inaspettatamente, nelle mani di un grande statista.