Il legame ideale è segreto, quindi eterno

Roberto

Pazzi

amore segreto sembra un’intelligente quanto sofferta strategia per tenere lontana la passione da quel che la usura, per concederle una possibilità di durata infinita, estraneo come diventa ai riti quotidiani, alla polvere che le abitudini depositano su ogni cosa, anche la più rara e preziosa. Proust nel quinto dei suoi sette romanzi della Recherche, Albertine prigioniera, dipinge questa modalità nascosta fino al parossismo, alla privazione della libertà del partner per tentare di dar corpo all’utopia dell’assoluto. C’è nella mente umana il sogno di una dimensione eterna dell’amore che lo sospende dalle catene di obblighi, convenzioni, doveri, ruoli, forse aspirando a un rapporto dove le catene si convertano in carezze.

Dante ha chiuso nel segreto fin che ha potuto ne La Vita Nova il nome di Beatrice, tutelandola dall’indiscrezione dei fiorentini, avvolgendola nel mito privato, prima di cedere a nominarla. Petrarca avvolge nella nube del segreto confessato alla poesia il suo amore per Laura, che in più ha i requisiti di un amore non ricambiato. Le poesie della Dickinson sono piene di figure maschili vagheggiate e inseguite perché impossibili persino da nominarsi, figure di uomini che ruotavano nella cerchia del mitico padre, il vero segreto amore della grande poetessa. Ma le punte più alte di questa dimensione quasi religiosa dell’amore, le raggiunge forse “l’amore che non può dire il suo nome”, come Oscar Wilde definiva la sua passione per un uomo, la più garantita dal segreto in una società moralista e ipocrita come quella vittoriana.