Mercoledì 24 Aprile 2024

Goffredo Bettini: "Il partito si salva se si sposta a sinistra. Spero in Orlando"

Il guru democratico: "Mi auguro che l’ex ministro ci ripensi e si candidi alla segreteria. Per ora mi convince Matteo Ricci: ha talento, lo standing arriverà. Oggi ai dem manca un’identità politica. Basta con le correnti"

Goffredo Bettini, 70 anni, ex coordinatore del Pd nella segreteria di Veltroni

Goffredo Bettini, 70 anni, ex coordinatore del Pd nella segreteria di Veltroni

Roma, 3 dicembre 2022 - Si stanno delineando le candidature per la guida del (nuovo) Pd. Lei come vede l’inizio della partita?

"I primi nomi in campo, o probabilmente in campo, sono tutti legittimi e di valore – avvisa Goffredo Bettini, considerato il ‘grande vecchio’ della sinistra senza aggettivi, con il tono di chi ne ha viste tante, di corse congressuali e lotte per la leadership, dal Pci a oggi - Ho scritto un libro, “A sinistra. Da capo”, come contributo al confronto congressuale. Spero che alcune delle mie idee siano raccolte dai candidati. Vedremo nelle prossime settimane".

La sua componente, la sinistra interna, appare orientata a stare alla finestra almeno per ora o sosterrà, come sembra, Matteo Ricci?

"Non ho mai partecipato a componenti o correnti. Mi sarebbe piaciuto se Andrea Orlando si fosse impegnato in prima persona. C’è ancora tempo. Per ora la piattaforma che mi convince di più è quella di Matteo Ricci. Formidabile amministratore, intelligente e moderno. Ha rivendicato le sue radici andando a Marcinelle, dove il padre faceva il minatore. Qualcuno osserva che non ha un sufficiente “standing” per fare il segretario. Ma le novità sono sempre un po’ così. Lo “standing” si può conquistare con il tempo, il talento no. E lui ha talento".

Il congresso del Pd: Schlein è pronta. Ma la sinistra di Orlando ora punta su Ricci

Il correntismo non è una sorta di malattia senile del Pd?

"Assolutamente sì. Ormai più di dieci anni fa, in un altro mio libro, “Oltre i partiti”, scrivevo un po’ accorato: “A sinistra, il partito personale genera una rete diffusissima e infinita di partiti personali. In alto e in basso. Al centro e in periferia… Rimangono spazi importanti di responsabilità e di impegno civile e politico sincero e di qualità. Ma occorre essere franchi: il tono generale lo dà questa girandola di ambizioni di potere. Così si giustifica tutto: il cambio di casacca, l’incoerenza più plateale, il passaggio a un’altra corrente, a un altro partito e il tradimento verso se stessi o verso l’idea professata fino al giorno prima. Non c’è più la forza del leone, ma della volpe, più della furbizia, rimane l’appetito”".

Da allora le frazioni e le fazioni si sono moltiplicate.

"Per anni sono rimasto solo. Con pochi altri. Oggi molti che si svegliano contro le correnti sono gli stessi che le hanno frequentate tutte, per avere ruoli istituzionali o di partito. Occorre cambiare radicalmente la forma-partito. Aree culturali a livello nazionale e democrazia diretta per gli iscritti sulle grandi decisioni".

Quali altri mali più o meno oscuri individua nel declino attuale del Pd e della sinistra?

"Ci siamo affidati solo all’azione di governo. Abbiamo salvato l’Italia e la democrazia, ma perdendo di vista la terra. La fatica del vivere di milioni di italiani. Ci ha salvato la rete dei sindaci. Concreti e appassionati. Amministratori, ma anche inventori di pratiche politiche originali e creative. Penso a Bologna, dove lunedì avrò il piacere di presentare il mio ultimo libro con un grande sindaco come Matteo Lepore".

Che cosa serve per salvare e rilanciare il partito, oltre o prima o dopo una nuova leadership credibile?

"Occorrono un segretario e una linea politica limpida. La riassumo in due parole: una critica al modello di sviluppo attuale che non regge più per l’aumento così grande delle disuguaglianze e per la sua insostenibilità ambientale. Per non parlare del riaffacciarsi della guerra nel cuore dell’Occidente. Difendere l’Ucraina in tutti i modi, anche con aiuti concreti per la sua autodifesa, è un nostro dovere; così come costruire un equilibrio multipolare del mondo. Nel Pd, vivono due anime: una critica e una apologetica. Non si può continuare a vivere con una sorta di “mezzadria dell’anima”".

Come uscire da questa "mezzadria dell’anima"?

"Va bene discutere dei valori, ma i valori debbono essere collegati a una precisa identità politica. Quella ci manca. Vede, l’esigenza di una buona rete di servizi e di infrastrutture, di una messa in sicurezza del territorio, di una formazione scolastica avanzata, di ospedali che funzionano, di un livello di vita dignitoso per i lavoratori, è ritenuta prioritaria anche per la piccola e media impresa che produce stabilmente in Italia e fatica ad andare avanti. Non interessa invece ai grandi gruppi industriali che delocalizzano e si includono nella grande finanza transnazionale. La sinistra può avere un terreno grande di alleanze, fra il ceto medio in difficoltà, i lavoratori e gli “ultimi” fuori da tutto".

A sinistra si è insediato anche il Movimento 5 Stelle: Conte sostiene che se il Pd fosse quello di Bettini, non ci sarebbero ostacoli a fare un accordo.

"Conte ha con me un rapporto di amicizia, che ricambio. Tuttavia, dopo la rottura unitaria sancita dalla sfiducia a Draghi, il M5S ha intrapreso una corsa solitaria. Non serve piangere perché cercano di levarci voti. La buona educazione in politica non esiste, se non nei rapporti personali. Per evitare che Calenda e i 5Stelle indeboliscano il Pd, occorre tornare a fare il nostro mestiere. A rappresentare i lavoratori, il disagio, la speranza di cambiare il mondo".

Quanto sarà lunga la traversata nel deserto del Pd e della sinistra?

"Ci vorrà tempo. Il congresso deve aiutare. Non deve essere reticente, o peggio riproporre manovre di potere a discapito delle idee. Vedo con preoccupazione un gioco di troppi nel sostenere indifferentemente un candidato o l’altro, a prescindere dalla politica, ma sulla base di una propria convenienza. Spero di sbagliare".