Giovedì 18 Aprile 2024

Il grido di Prandelli contro i leoni da tastiera "Falsità su di me, avete superato il limite"

L’allenatore, dopo l’addio alla Fiorentina, travolto da un’ondata di fango sui social: "Quante nefandezze e ricostruzioni inventate"

L’allenatore Cesare Prandelli, 63 anni, ha lasciato la Fiorentina martedì scorso

L’allenatore Cesare Prandelli, 63 anni, ha lasciato la Fiorentina martedì scorso

Odiatori da tastiera, li ha chiamati così Prandelli unendosi al desolato club di chi viene infangato, a volte travolto dalla violenza dei bulli virtuali oppure – è l’ultima moda delle fake news – dai creatori di audio WhatsApp moltiplicati in catene di retroscena pieni di immondizia.

E l’ex allenatore della Fiorentina – si è dimesso martedì scorso, affidando a un comunicato mai visto nel mondo del calcio, con riferimenti chiari alla propria sofferenza interiore – ha deciso di scrivere un nuovo, amarissimo comunicato quattro giorni dopo la sua lettera pubblica di addio. Anche questa, come la decisione di lasciare la Fiorentina per motivi personali che ha spiegato il più chiaramente possibile, è stata una scelta soffertissima, evitata fin quando possibile, poi addirittura concordata con la società e i giocatori rappresentati dal capitano Pezzella.

Prandelli è solo l’ultimo personaggio famoso che risponde agli haters. L’elenco è lunghissimo e – nel caso del body shaming – coinvolge anche star ultrafamose. Solo per citare le ultime: Lady Gaga, Kim Kardashian, Anne Hathaway, Belen Rodriguez, Vanessa Incontrada, Arisa. Cyberbullismo. E molta ignoranza.

Prandelli si è isolato a Orzinuovi, ma è stato raggiunto dall’eco fiorentina della calunnia anonima: un’alluvione virale di ricostruzioni goliardiche, ma anche infamanti, sui motivi dell’addio. Della serie: “te la racconto io la verità su Prandelli...“ E via condividendo, fino a quando i messaggi sono arrivati dappertutto, compresi i cellulari di giocatori e dirigenti viola.

E mentre i legali della Fiorentina hanno contattato la polizia postale per individuare gli autori di audio particolarmente infamant, Prandelli si è contro-sfogato parlando di "nefandezze e ricostruzioni inventate di fatti mai esistiti", venendo anche meno alla prima decisione, che era stata quella di ignorare il fango social. "Bisognerebbe stigmatizzare e non dare risalto alla pochezza di spirito, ma c’è un limite e questo limite è stato oltrepassato". Ultima riflessione: "Credete alle verità e non correte dietro a fenomeni senza moralità e etica del vivere civile".

E con questo il caso è chiuso. Anzi no, perché ci sarà sempre qualche complottista che non si fiderà della verità messa nero su bianco (in questo caso addirittura due volte). Eppure Prandelli ha ammesso la propria fragilità, ha descritto l’ombra che gli è cresciuta dentro, ha chiesto tempo per capire che tipo di persona sia diventata, insomma si è messo a nudo per spiegare la sua resa di fronte all’incapacità di sostenere lo stress da panchina.

Neanche di fronte a queste ammissioni, perfino drammatiche e sicuramente mai esposte in pubblico prima, si è fermata la gara per inventare i retroscena più incredibili. Cos’altro avrebbe dovuto aggiungere, Prandelli, per ammettere il proprio disagio personale e il dolore interno che lo segna? Ma invece, dalle scazzottate negli spogliatoi agli incroci sentimentali clandestini, sorvolando su altre infamie pseudo goliardiche e parecchio trash, le letture da sciacalli fantasy si sono moltiplicate nel segno di una democrazia digitale senza filtro, come ormai troppo spesso succede male utilizzata da persone che perdono qualsiasi senso di responsabilità quando scrivono o parlano illudendosi di restare anonimi sul Web.

Il caso Prandelli riaccende la luce sulla degenerazione della libertà su internet, già infestato da discriminazioni di genere, razziali, revenge porn, body shaming, costruzione di fake news e via leonizzando dalla tastiera o dallo smartphone. Sarà per questo che è nata la prima "piattaforma legaltech" a cui ci si può rivolgere per capire se gli attacchi subiti su Web siano perseguibili e sanzionabili. Si chiama "Cop" (chi odia paga) e magari servirà per diminuire il numero dei fenomeni nascosti dietro la tastiera.