Martedì 16 Aprile 2024

Il grido di Kiev: Europa, fai in fretta Arriva il primo stop al petrolio russo

Al Consiglio straordinario l’Ungheria frena. Ma nella notte l’intesa: embargo sui due terzi del greggio via mare

Migration

Un militare ucraino impegnato nella città di Lysytsansk nella regione del Donbass.

di Giovanni Rossi

Il Consiglio europeo straordinario convocato a Bruxelles si infiamma sulla questione energetica. Solo dopo ore, e nella notte, arriva l’annuncio che la situazione si è finalmente sbloccata. È il presidente del Consiglio Ue Charles Michel a darne notizia: deciso un "embargo per oltre i 23 dell’import del petrolio dalla Russia. Si taglia così una grande risorsa" con la quale "Mosca finanzia la sua macchina da guerra". La Ue alza dunque il tiro: "Massima pressione – dice ancora Michel – perché la Russia ponga fine alla guerra". Anche se i due terzi si riferiscono solo al petrolio in arrivo via mare- Bruxelles fa anche sapere che "Il pacchetto di sanzioni include altre misure: esclusione dal sistema swift della più grande banca russa Sberbank, vietate altre tre emittenti statali russe e sanzionati i responsabili di crimini di guerra in Ucraina".

Il sesto pacchetto di sanzioni era in discussione ormai da un mese. L’impresa, sembra ora parzialmente riuscita, è quella di tenere almeno formalmente uniti i 27 leader e i rispettivi Paesi. "Se ci troviamo in questa situazione difficile è perché la Commissione europea si è mossa in modo irresponsabile – aveva attaccato durante il vertice il presidente ungherese Viktor Orban –. L’energia è troppo importante: prima si trovano le soluzioni con i Paesi membri e poi si applicano le sanzioni, non il contrario". Orban aveva chiesto almeno due anni di deroga a favore del suo Paese (e indirettamente di tutti quelli che non hanno sbocchi marittimi) per continuare a ricevere il petrolio russo via oleodotto, invocando anche "garanzie aggiuntive" sulla possibilità di acquistare greggio russo in caso di "incidenti" all’infrastruttura. Slovacchia e Repubblica Ceca avevano osservato interessate. E anche la Bulgaria, che pure l’accesso al mare ce l’ha, aveva creduto di meritare ampia deroga perché i suoi impianti di raffinazione sono tarati sul greggio russo e non potrebbero essere velocemente riconvertiti. I Paesi marittimi però non si sono fidati: temono che i "senza porto", oltre a godere del vantaggio di petrolio a minor prezzo, possano trasformarsi in esportatori.

Il presidente francese Emmanuel Macron e il premier olandese Mark Rutte hanno lavorato a una soluzione plausibile. A mezzanotte inoltrata, poi, quando l’accordo è effettivamente stato raggiunto la commissaria Ursula von der Leyen ha annunciato con orgoglio che con l’embargo è previsto il "taglio del 90% del gas russo". E dire che i nodi erano dietro l’angolo. Esempi. Già nelle prossime ora Gazprom potrebbe tagliare la forniture di gas a Olanda e Danimarca come rappresaglia al mancato pagamento in rubli. E delicata è anche la sovrapposizione del dossier RePowerEu, nella parte che deve accelerare il passaggio alle fonti rinnovabili, al dibattito non meno serrato sui prezzi delle bollette. Il price cap sul gas, sul quale preme l’Italia e i paesi nordici fanno invece melina – se non ostruzione –, potrebbe infatti rivelarsi come una sanzione collaterale alla Russia gestendo l’ipotesi con intelligenza.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, collegato in videoconferenza, aveva spronato i colleghi Ue, a "non dividersi" e ad approvare "in fretta" le sanzioni. Sapeva di parlare a una platea unita solo sul fatto che Vladimir Putin non debba vincere questa guerra, e per il resto frammentata su quasi tutto.