Il giudizio del sociologo "Rinunciare al femminile è solo una scelta politica"

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di Elena G. Polidori

Massimiliano Panarari, sociologo, perché la Meloni ha scelto di farsi chiamare ’il presidente’ al maschile?

"È un messaggio politico molto chiaro. La sensazione è che la Meloni, che ha dovuto combattere in un mondo maschilista e patriarcale, quale quello della destra storica, abbia avuto paura che in un ricorso alla declinazione femminile ci fosse una deminutio del suo ruolo e della sua forza istituzionale. Al tempo stesso, appartenendo ad una cultura politica marcatamente conservatrice con tratti anche reazionari, la declinazione al femminile le pare troppo intrisa di femminismo e quindi il messaggio è di parlare una lingua opposta a quella di sinistra. E questo è un ragionamento che vale anche nelle etichettature lessicali che troviamo nelle deleghe dei ministeri. Fa specie tutto il dibattito su questa scelta di farsi chiamare il presidente, che si è scatenato sui social, dove si sostiene che non ci si possa far chiamare correttamente la presidente, palesando fastidio per la declinazione al femminile. Eppure la Crusca prima e i custodi della lingua italiana poi hanno sdoganato da tempo la declinazione al femminile".

Lei quindi dice che dietro la scelta della Meloni di non usare il femminile, c’è una chiara scelta di abbracciare un ruolo ben preciso della donna, anche in politica?

"La destra, non quella liberale europea, ovviamente, ha un elemento che cementa, che è la tradizione, intesa come scrigno e segmento immutabile nel tempo di valori. Per questo, a livello sociale, vengono riproposte nel tempo strutture tradizionali della società, dove la donna è un passo dietro l’uomo. Nella configurazione della società ci sono senz’altro donne in politica, oggi vediamo proprio la Meloni premier, ma il problema è che lei lo fa all’interno di una visione in cui a livello sociale quei ruoli sono chiaramente marcati come maschili"

Dunque, anche la parità di genere finirà presto per essere un tema ai margini della narrazione meloniana.

"Non c’è dubbio che il tema verrà marginalizzato e lo si vede dal fatto che è stato messo per ‘terzo’ nel ministero che si occupa di famiglia, natalità e poi di pari opportunità. Insomma, non sarà il centro dell’agenda politica, è legittimo, come saranno marginalizzate tutte le questioni appartenenti all’altra politica, quella di sinistra, in attesa di una loro marginalizzazione effettiva"

A proposito di nomi dei ministeri.

"Nomina sunt consequentia rerum, i nomi sono la conseguenza di un programma. Qui c’è un nodo importante da osservare. Questo governo di destra-centro ha tutto un disegno culturale, un progetto di egemonia culturale, di rivalsa nei confronti di quello di sinistra di cui si è sentita vittima e le etichettature lessicali culturali sono finalizzate ad un progetto ben preciso. Ce ne accorgeremo presto".