di Giovanni Panettiere "Un padre trovato con della cocaina, separato, violento, in famiglia e sul posto di lavoro, non può essere autorizzato dalla magistratura ad accogliere il figlio da solo. Andava disposta la sua sospensione, o decadenza, dalla responsabilità genitoriale o comunque bisognava impedire che i due fossero insieme senza sorveglianza: la tragedia di quel bimbo, a Varese, poteva essere evitata". Nei lunghi anni alla guida del Tribunale per i minorenni di Roma il giudice Melita Cavallo, oggi volto noto ai telespettatori del programma Forum su Canale 5 e Rete 4, ne ha visti di conflitti famigliari con al centro bambini. Vittime innocenti di tensioni fra genitori di cui sono costretti a pagare il prezzo più pesante, tra violenze psicologiche, fisiche o peggio. "Dal 2000 ad oggi sono circa 500 i minori uccisi dai padri per punire le mogli dalle quali si stavano separando", fa i conti il magistrato. Quello di Varese era un delitto già scritto? "Parliamo di un uomo nella cui auto è stata trovata una dose di cocaina, non più convivente con la moglie dalla quale si era separato, ristretto ai domiciliari dopo aver aggredito un collega di lavoro alle spalle. In più, era interessato da un codice rosso per maltrattamenti ai danni della donna. Mi chiedo come sia stato possibile autorizzare il suo incontro col figlio durante le feste di Natale". Lei, che idea si è fatta? "Il via libera del gip, competente per l’aggressione sul luogo di lavoro, è stato forse un po’ frettoloso". Una persona ai domiciliari può incontrare i famigliari? "In teoria sì, se autorizzato. Ma, se ai suoi danni è stato attivato un codice rosso, la procura dovrebbe richiedere restrizioni ulteriori a tutela del figlio minorenne". Il giudice altrimenti ha le mani legate? "Non proprio, il gip avrebbe potuto ascoltare il legale della madre prima di dare il nulla osta ...
© Riproduzione riservata