Il giudice dà torto al nonno di Eitan "Il bambino deve rientrare in Italia"

Israele, esulta la zia paterna che ha la tutela del nipote. Gli altri parenti all’attacco: un disastro, faremo ricorso

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di Manuela Marziani

Dovrà tornare in Italia Eitan Biran, il bambino di sei anni unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone. Il tribunale della famiglia di Tel Aviv, al quale la tutrice legale del piccolo, la zia Aya Biran si era rivolta intentando una causa per l’affidamento civile, ha deciso che il bimbo debba essere rimandato in Italia, in attesa di qualsiasi diversa sentenza dei tribunali italiani.

"Eitan aveva legami più profondi – si legge nel pronunciamento della corte israeliana – e si sentiva maggiormente a suo agio con la sua famiglia italiana e con l’ambiente circostante di quanto non avesse con la sua famiglia israeliana e con l’ambiente circostante". È stata respinta quindi la tesi di nonno Shmuel Peleg, secondo la quale il bambino avrebbe dovuto vivere a Tel Aviv come avrebbero voluto e come stavano progettando i suoi genitori Amit e Tal Peleg, morti insieme ai nonni di Tal, Barbara e Itzhak Cohen e al piccolo Tom mentre si trovavano sulla cabina numero 3 della funivia Stresa-Mottarone che è precipitata il 23 maggio scorso.

Il bambino conteso tra i due rami della famiglia è stato prelevato e portato in Israele l’11 settembre dal nonno materno che è andato a casa degli zii Biran Nirko a prenderlo e lo ha portato a Tel Aviv su un volo privato. "Shmuel Peleg – ha sentenziato la giudice Iris Ilutovich Segal – ha violato la Convenzione dell’Aja portando via Biran dall’Italia senza una sentenza del tribunale". "Il messaggio del giudice è chiaro – ha commentato uno degli avvocati – nessuno può impadronirsi della legge e rapire qualcuno".

Ma contro il pronunciamento, la famiglia Peleg che, dal tribunale di Tel Aviv è stata condannata al pagamento delle spese processuali che ammontano a 70mila Shekel, l’equivalente di circa 18mila euro, presenterà ricorso. "La famiglia è determinata a continuare la battaglia in ogni modo possibile nell’interesse di Eitan, il suo benessere e il diritto a crescere in Israele come i suoi genitori si augurano". hanno fatto sapere i Peleg attraverso il portavoce Gadi Solomon. "Questa – ha aggiunto la famiglia – riguarda solo il suo allontanamento dall’Italia, il suo arrivo in Israele e non il bene e il futuro del minore".

Al contrario, in Italia si respira un po’ di ottimisimo dopo tante tragedie e colpi di scena. Gli avvocati della zia paterna hanno osservato che nella sentenza hanno trovato "applicazione i principi e lo spirito della Convenzione dell’Aja". La zia Aya Biran è felice per la decisione del giudice. "Aya Biran ha espresso grande gioia quando ha saputo della sentenza – hanno commentato gli avvocati Shmuel Moran e Avi Himi subito dopo il pronunciamento –. Ma pur accogliendo con soddisfazione la sentenza della giudice Ilutovich crediamo che in questo caso non ci siano né vincitori né vinti. C’è solo Eitan e tutto quello che chiediamo è che torni presto a casa sua, ai suoi amici a scuola, alla sua famiglia, in particolare per la terapia e gli schemi educativi di cui ha bisogno".

Quando Eitan potrà rientrare a Travacò Siccomario, il piccolo centro alle porte di Pavia in cui vive con zii e quando potrà tornare a frequentare l’istituto delle Canossiane, però, ancora non si sa. Secondo quanto disposto dal giudice il piccolo dovrebbe tornare entro 15 giorni, ma i Peleg hanno una settimana di tempo per presentare il ricorso, è probabile quindi che non parta prima di lunedì prossimo. Nel frattempo, soddisfazione per il verdetto è stata espressa anche dagli avvocati italiani della zia, i legali Cristina Pagni, Grazia Cesaro e Armando Simbari: "Io e la collega Grazia Cesaro siamo contenti per la decisione favorevole e perché i principi e lo spirito della Convenzione dell’Aja abbiano trovato applicazione". Ma la nonna materna Ester Cohen che nei confronti di Aya Biran ha sporto denuncia perché avrebbe usato per le spese legali i soldi raccolti per Eitan e utilizzato nella causa a Tel Aviv il materiale trovato nei dispositivi elettronici prelevati a casa di Amit Biran è stata perentoria: "La sentenza – è la sua versione – è un disastro nazionale. Eitan è israeliano, non è italiano. I genitori si erano trasferiti in Italia perché il padre potesse studiare medicina. Era solo per un periodo transitorio".