Ottaviani
La rettrice dell’Università di Padova, Daniela Mapelli, ha anticipato quella che era una richiesta di molte, prima che di molti: conferire la laurea in Ingegneria biomedica a Giulia Cecchettin. Una laurea che, come ha sottolineato giustamente la ministra per l’Università e la Ricerca, Anna Maria Bernini, non è honoris causa. Perché Giulia ha sostenuto con profitto tutti i suoi esami, nonostante un trauma fortissimo come la perdita della propria madre. E, se non avesse incontrato un mostro sulla propria strada, la settimana scorsa sarebbe anche andata a discutere la sua tesi.
A noi donne, da quando nasciamo, dicono che il giorno più bello della nostra vita è il matrimonio. Questa espressione stereotipata e a tratti anche un po’ ipocrita, viene sempre riferita alle spose, agli sposi quasi mai. Non voglio sminuire questo sacramento che lega in modo indissolubile due persone, per chi crede, e, per il codice civile, quel momento in cui una coppia decide di diventare una famiglia. Non c’è niente di più bello di due persone che decidono di passare il resto della propria vita insieme, sostenendosi e rispettandosi a vicenda. Perché questo succeda, però, occorre che entrambe siano persone realizzate e felici.
Le donne, troppo spesso, devono scendere a compromessi sminuenti, costrette ad abbandonare i propri sogni o a doverli fare convivere con quelli di compagni troppo invadenti, che di fondo non le vogliono amare, ma gestire. Quindi, iniziamo a dire che il giorno più bello per una donna è quello della sua laurea, quando, dalla vita di studente, si passa a quella adulta e lavorativa.
L’Italia è uno dei Paesi in Europa con la minore percentuale di diplomi universitari. Più donne laureate e realizzate significa più donne consapevoli del loro valore e delle loro possibilità. Sul lungo termine e con un’adeguata educazione all’affettività, probabilmente anche meno femminicidi.