Venerdì 19 Aprile 2024

Il giorno della verità La super perizia smonta la tesi dell’omicidio "David Rossi si uccise"

I risultati dei Carabinieri alla Commissione parlamentare d’inchiesta "Nessun elemento conferma la presenza di terzi nell’ufficio del manager. La caduta avvenne dal terzo piano, la prova decisiva dalle scarpe"

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di Pino Di Blasio

Tutti aspettavano la maxi perizia dei tecnici di Ros, Ris e Racis, i reparti speciali dei carabinieri, per avere risposte definitive agli oltre 60 quesiti e dubbi elencati dalla commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di David Rossi. E ora che le 700 pagine divise in quattro fascicoli sono arrivate sul tavolo dei commissari e del presidente Pierantonio Zanettin, la risposta poco equivocabile dei reparti speciali è che l’ipotesi del suicidio di David Rossi resta l’unica credibile.

Quella sera del 6 marzo 2013 il responsabile della comunicazione di Banca Mps si sarebbe gettato dal suo ufficio al terzo piano di Rocca Salimbeni, precipitando sul vicolo Monte Pio. Non c’era nessun altro in quell’ufficio, non c’è nessun indizio di collutazioni. E in maniera ugualmente netta la maxi perizia smonta anche lo scenario, disegnato da chi chiede, a partire dalla famiglia, che l’inchiesta sulla morte venga riaperta, indagando per omicidio, che Rossi sia stato buttato dal quarto piano della Rocca. Dove si stavano ristrutturando gli uffici, non c’erano testimoni e le sue scarpe si sarebbero sporcate di polvere e calce.

In quelle 700 pagine c’è una risposta ai dubbi, ai veleni, alle accuse di incompetenza dei pm che hanno indagato sulla morte, ai presunti misteri che hanno riempito le cronache per anni, hanno fatto da cornice a libri e inchieste, a reportage televisivi infiniti, da Report alle Iene, fino all’articolo su Le Monde di pochi giorni fa, che accosta la morte di David Rossi ai grandi delitti irrisolti d’Italia: da Pier Paolo Pasolini e Giovanni Falcone, all’attentato di Bologna e il rapimento di Aldo Moro.

Per i tecnici dei reparti speciali il pm Nastasi non rispose al telefonino di Rossi alla chiamata dell’onorevole Daniela Santanché, come dimostrato anche dai tabulati telefonici. Non ci furono numeri cifrati memorizzati sull’Iphone del manager, che rimanderebbero a obbligazioni di banche, a titoli legati a sponsorizzazioni sportive e partiti politici. Quel niumero 4099009 è la risposta automatica al servizio di ricarica telefonica usato da David Rossi per la figlioccia Carolina Orlandi. Nessuno spedì e-mail, tanto meno quella in cui chiedeva aiuto all’ex ad del Monte Fabrizio Viola, annunciando il suicidio, due giorni dopo la morte. Tutti gli elementi riscontrati sulla scena della morte e sul cadavere sono compatibili con il suicidio, mentre non c’è nessun indizio o traccia della presenza di altre persone o di litigi violenti prima della caduta.

Perfino le ferite al fegato, compatibili con un pugno o una ginocchiata come sancirebbe la perizia commissionata dalla famiglia a un luminare dell’anatomia patologica, sono effetto della caduta. Non ci furono personaggi misteriosi o luci di auto nel vicolo con David agonizzante, solo macchine che passavano in via dei Rossi. L’orologio caduto dopo? Il riflesso di una goccia di pioggia.

Ma è soprattutto l’analisi della caduta, ritenuta da diversi commissari e dalla famiglia inspiegabile e incongrua per un suicidio, il capitolo cruciale della maxi perizia. Considerando anche la dovizia di strumenti e apparecchiature, l’uso di manichini virtuali e le ricostruzioni in 3D, usate dai Ris e Ros. Non è plausibile che almeno due persone abbiano spinto Rossi fuori dalla finestra, o lo abbiano tenuto sospeso nel vuoto per le braccia, minacciandolo e poi lasciandolo cadere. Per quanto inusuale o atipica, con David precipitato a candela, con la faccia rivolta al muro, è spiegabile con il suicidio. Un’altra carenza sollevata in questi anni nelle inchieste dei pm senesi, il mancato controllo dei cellulari presenti quella notte a Rocca Salimbeni, è stata parzialmente sanata: gli investigatori hanno controllato la cella telefonica di Giancarlo Filippone, amico e collaboratore di David Rossi al Monte dei Paschi, che fu chiamato dalla moglie del manager Antonella Tognazzi, preoccupata per le mancate risposte del marito. E dai controlli sarebbe emerso che Filippone era a casa quella sera.

Restano nove ferite, al volto, alle ascelle e ai polsi di Rossi che i tecnici non spiegano e non negano che possano essere state prodotte da altri. Il manager potrebbe essersi graffiato strisciando sul muro, o potrebbero essere ferite autoinflitte. È l’unico cono d’ombra, la commissione d’inchiesta, la famiglia e i legali potrebbero far leva su questo, oggi nella riunione secretata e domani nella conferenza stampa convocata dal presidente Zanettin. Di certo è che l’ultimo atto della commissione istituita il 27 maggio 2021, che in un anno e due mesi ha audito procuratori della Repubblica, magistrati, banchieri, ufficiali dei carabinieri, questori e agenti di polizia, imprenditori, giornalisti, familiari e amici di Rossi, è anticipato dall’ennesima fuga di notizie, come tanti altri passaggi in Parlamento. Ogni attore in questa storia ha recitato una parte adattandola ai suoi interessi personali. Alla fine, assieme alla relazione finale, ci dovrà essere anche un elenco di bufale, dai presunti festini hard ai sospetti di tangenti dietro l’affare Antonveneta, dai legami con massonerie, ’ndrangheta, Vaticano e altre lobby, fino al gruppo della birreria in Piazza del Campo. Più che mistero d’Italia è un giallo di provincia.