Il giallo del broker che truffò i vip Test del Dna sul corpo carbonizzato

La procura vuole capire se è realmente il cadavere di Bochicchio. Inchiesta per istigazione al suicidio

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di Nino Femiani

Ora stanno tutti a chiedersi: "Era davvero lui?". Massimo Bochicchio, 56 anni, trader d’assalto e truffatore di professione, tiene sulla corda anche da morto. Non si sa, infatti, se il corpo carbonizzato ritrovato accanto alla moto Bmw che si è schiantata contro un muretto, appartenga al "broker dei vip" o a una controfigura. Un incidente dai contorni torbidi, un giallo, tanto che i pm di Roma hanno aperto un fascicolo per istigazione al suicidio al fine di acquisire notizie utili sulla morte dell’ex manager del colosso bancario Hsbc riuscito a sottrarre milioni di euro dalle tasche dei suoi clienti. Gente con il pedigree, come gli ex ct della Nazionale Marcello Lippi e Antonio Conte (che ci avrebbe rimesso due anni di stipendio al Chelsea, 24 milioni), il calciatore capitolino Stephan El Shaarawy, il nazionale francese Patrice Evra, Leona Koning e mezzo "generone" romano finito in trappola bazzicando i circoli esclusivi della Roma bene, Cortina e Capalbio.

Al momento gli inquirenti propendono per un decesso legato a un malore o anche a un suicidio, ma vogliono dormire sonni tranquilli e non trovarsi di fronte a qualche sorpresa come lo scambio di persona o un omicidio scaturito dalla manomissione criminale del mezzo su cui circolava (d’altronde tra i clienti di Bochicchio pare non ci fossero solo gentiluomini immacolati). Per questo motivo hanno chiesto autopsia, test del dna e accertamenti tecnici sulla Bmw. Un decesso, infatti, è avvenuto a poche ore da una nuova udienza del processo a suo carico nella Capitale. Nato a Capua, in provincia di Caserta, Bochicchio era figlio di un carabiniere. A differenza del papà, sobrio e riservato, gli amici d’infanzia raccontano che lui fosse, già da giovane, amante del lusso e della bella vita. Possedeva un attico a Miami, una casa a Cortina a ridosso delle baite più esclusive, una residenza a Londra, dove gestiva la maggior parte dei suoi affari, e poi ancora Roma e Capalbio. Tutte case impreziosite da opere d’arte: due Castellani da 700 mila euro cadauno, due litografie di Marilyn Monroe di Andy Wahrol, sette quadri di Mario Schifano, foto di Avedon e un vaso di Picasso. Viaggiava poi su aerei privati e su una Mercedes da collezione, valore di 200 mila dollari. Al centro della maxitruffa, che lo ha fatto bollare come il "Madoff de Roma", c’era la "Kidman Asset Management", società inglese, che, oltre a non avere storia, non aveva un bilancio e nemmeno capitali: una etichetta su un citofono, una sola azione, intestata a Bochicchio, valore di 1 sterlina. Una scatola vuota con indirizzo luxory nel cuore della capitale inglese. Ma quanto ha fatto sparire l’uomo carbonizzato (ammettendo che sia lui) all’altezza del civico 875 di via Salaria? Una cifra definitiva non si saprà mai perché molti clienti, che gli avevano affidato fondi neri frutto di evasione fiscale (lui li chiamava i "soldi con il tallone d’Achille") con il miraggio di interessi al 10%, non hanno denunciato. Secondo la Guardia di Finanza manca all’appello almeno mezzo miliardo di euro. I soldi spariti potrebbero però essere ancora di più e le ultime stime parlano di 600-700 milioni. Alla fine lo schema-Ponzi di Bochicchio è saltato, più di un cliente – a partire da Antonio Conte – lo ha denunciato e lui per sfuggire all’arresto a inizio del 2021 ha iniziato una latitanza di lusso tra Messico, Dubai, Hong Kong e Singapore. Poi a luglio si è fatto arrestare a Giacarta, in Indonesia, promettendo ai magistrati di restituire il malloppo, ottenendo così i domiciliari e anche permessi-premio. Ma neppure un euro è stato mai restituito, salvo 70 milioni di immobili che gli sono stati sequestrati. Ora l’epilogo crudele con sua moglie Ariana e i due figli che lo piangono. Sempre che quello sia il morto giusto.