Il Garante bacchetta TikTok. "Non tutela i minorenni"

Il procedimento dell’Authority: a rischio la privacy dei ragazzi italiani "Scarsa trasparenza". L’app cinese si difende: la sicurezza è una priorità

Migration

Sono circa otto milioni i ragazzi italiani che usano TikTok. Giovanissimi, per lo più minorenni. Un social – per chi non lo conoscesse – di proprietà cinese che permette di creare, modificare e quindi caricare online brevi video dove si canta, si balla (molto), si lanciano sfide. Una specie di Instagram, però al posto delle foto ci sono solo video. Per avere un’idea di quanto quest’app abbia avuto successo e sia utilizzata ogni giorno dai nostri ragazzi – che ormai hanno rimpiazzato il vetusto Facebook, mentre ancora riesce a salvarsi Instagram – basta considerare un dato: in un solo anno, dal 2019 al 2020, l’app ha avuto un boom di download del +400%, facendo passare il numero di utenti da 3,6 milioni a 8. Così, in un baleno.

E se negli Usa è stato il presidente Donald Trump a complicare la vita del social – che, va ricordato, è di proprietà cinese – in Italia a pensarci è il Garante per la privacy che ieri ha contestato una serie di violazioni all’app. Scarsa attenzione alla tutela dei minori, divieto di iscrizione ai più piccoli facilmente aggirabile, poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni rese agli utenti, impostazioni predefinite non rispettose della privacy. Sono molte le irregolarità. Così tante che il Garante ha deciso di aprire un procedimento formale nei confronti del social network, nonostante sulle stesse problematiche sia già in corso un’attività nell’ambito del Comitato che riunisce le Autorità europee. L’istruttoria, avviata nel marzo di quest’anno, ha messo in luce una serie di trattamenti di dati effettuati dal social network che appaiono non conformi al nuovo quadro normativo in materia di protezione dei dati personali.

Si contesta, in particolare, che il divieto di iscrizione al di sotto dei 13 anni sia facilmente aggirabile con una data di nascita falsa. Ma non solo. Il social, infatti, preimposta il profilo dell’utente automaticamente come ’pubblico’, consentendo così la massima visibilità dei contenuti. Un’impostazione che alla maggior parte dei ragazzi, sempre in cerca di nuovi follower, non dispiace ma che si pone in contrasto con la normativa sulla protezione dei dati per la quale si dovrebbe garantire la possibilità di scegliere se rendere o meno accessibili i propri dati a un numero indefinito di persone.

Adesso la società cinese avrà 30 giorni per inviare memorie difensive e chiedere eventualmente di essere sentita. Nel frattempo, un portavoce dell’app ha commentato che "la massima priorità per TikTok è quella di garantire la sicurezza e la privacy dei propri utenti, in particolare di quelli più giovani". Perciò, "non concordiamo – ha aggiunto – con una serie di aspetti della loro analisi (dell’Autorità, ndr) e sulle conclusioni che sono state delineate. Dal momento che la nostra valutazione è ancora in corso, in questo momento non ci è possibile fornire ulteriori commenti".