Mercoledì 24 Aprile 2024

Il futuro di Calenda? Dipende dal Pd

Bruno

Vespa

Tra i leader politici in circolazione, Carlo Calenda (Meloni a parte) è quello che desta maggiore curiosità. È in conflitto fisiologico con Renzi, ma ci ha fatto insieme un partito con buone prospettive. È all’opposizione, ma parla benissimo del presidente del consiglio, va a trovarlo e si trova in sintonia su temi importanti, come la riforma dell’abuso d’ufficio e del reddito di cittadinanza. Insomma, che vuole? Prendere - dice - il 20 per cento dei voti alle elezioni europee tra un anno e mezzo. Traguardo ambizioso e per ora poco realistico. Calenda piace alle élite, ma per fare il botto occorre la folla. Il leader di Azione punta allo smottamento di Forza Italia a destra e del Pd a sinistra. In Forza Italia tra la corrente governativa e minoritaria (Tajani) e quella antigovernativa (RonzulliMulè) è guerra aperta. Le elezioni regionali di Lazio e Lombardia in febbraio saranno una prima verifica, insieme con l’onda lunga dei risentimenti provocati dalle elezioni politiche e dalla formazione del governo che non si è ancora fermata. Nel Pd la situazione è ancora più intricata.

Stefano Bonaccini è un buon amministratore riformista: la sua elezione non porterebbe fughe verso Calenda, perché il presidente dell’Emilia ha una posizione politica radicalmente diversa da quella di Giuseppe Conte, mentre un’affermazione di Elly Schlein lascia prevedere il contrario: alleanza con i 5 Stelle e smottamenti verso il centro di Azione. È troppo presto, insomma, per guardare lontano. Conte ha iniziato ieri sera a Scampia la sua campagna contro il governo per "arginare la disperazione" entro un alveo democratico. Ma è troppo radicale perché anche il nuovo Pd possa collaborarci. Bonaccini non dirà subito da che parte sta. E Calenda dovrà rassegnarsi a stare ancora un po’ in riva al fiume. Tra gli infiniti problemi di Giorgia Meloni non c’è quello di una opposizione pericolosa.