Mercoledì 24 Aprile 2024

Il fattore tempo gioca contro "il nuovo Hitler" Ecco perché Putin lascia aperto uno spiraglio

Nemmeno un regime autoritario può permettersi un genocidio: voleva una guerra lampo ma è costretto a proporre un incontro a Minsk

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di Alessandro

Farruggia

Il tempo corre e gli ucraini continuano a resistere, difendendo la loro terra dall’aggressore russo. Ma Vladimir Putin non ha tempo. Contava in una rapida vittoria e in un cambio di regime in modo da lasciare a Kiev un governo marionetta del Cremlino, prima di far tornare in Russia il suo esercito. Ma non sta succedendo. Le sue forze stanno tentando una "guerra lampo" con due colonie corazzate che stanno puntando su Kiev per cercare di far cadere il governo ucraino, ma per adesso le forze di difesa stanno resistendo egregiamente. E nel resto del Paese le conquiste territoriali russe sono limitate, visto lo sforzo militare. Putin non può permettersi che i media internazionali mandino in onda per giorni o settimane bombardamenti sulle città e strazianti immagini di civili morti, feriti o sfollati: gente che per i russi è un popolo fratello. Una azione militare per cacciare i (presunti) fascistinazisti ucraini, sia pure con qualche centinaio di vittime collaterali, può essere accettata e persino gradita alla maggior parte dell’opinione pubblica russa, un genocidio ucraino, no. E gli stati maggiori russi stanno comprendendo che no, quella in Ucraina sarà vinta ma non sarà una guerra lampo.

Per questo – in una giornata nella quale l’umore del dominus del Cremlino ha oscillato pericolosamente dall’apertura al dialogo alla richiesta di un golpe in Ucraina condita da insulti al governo di Kiev mentre da Mosca giungevano minacce a Paesi dell’Ue – ieri all’ennesima richiesta del presidente ucraino di trattare ("Voglio fare appello ancora una volta al presidente della Federazione Russa perché si sieda al tavolo del negoziato e fermi la morte delle persone") è arrivata a sorpresa un risposta condizionata ma positiva.

Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha annunciato che una delegazione composta da funzionari del ministero degli Esteri e della Difesa potrebbe essere inviata a Minsk "per discutere dello status neutrale dell’Ucraina".

"Siamo pronti per i negoziati, in qualsiasi momento, non appena le forze armate ucraine ascolteranno la nostra richiesta e deporranno le armi" ha subito precisato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, dettando una condizione inaccettabile per Kiev. "L’eventuale avvio di un dialogo diplomatico con l’Ucraina – ha ulteriormente frenato la sua portavoce Maria Zakharova – naturalmente non fermerebbe l’operazione militare in corso". Altra questione inaccettabile.

Ma Putin, sostengono i media di stato cinesi, a suo modo vuole trattare. "La Russia è disponibile a condurre negoziati di alto livello con l’Ucraina", avrebbe detto nel corso di un colloquio telefonico con il leader cinese, Xi Jinping. Eppure, va notato, la Cina ha parzialmente voltato le spalle a Mosca, astenendosi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla risoluzione che condanna l’invasione russa: Mosca ovviamente ha votato contro e certamente si aspettava da Pechino analoga posizione. Voler trattare a guerra in corso, per un attaccante è un segno di debolezza. Se Putin stesse vincendo facile, non lo farebbe. Come non lancerebbe, come ha fatto, un inusitato appello al golpe. Dopo aver graziosamente definito il governo ucraino guidato da Volodymyr Zelensky "una amministrazione drogata e neonazista", Putin ha detto all’esercito ucraino: "Prendete il potere nelle vostre mani. Credo che sarà più facile negoziare tra voi e me", aggiungendo che "la Russia è pronta a negoziati, non importa quando, se le forze armate ucraine accoglieranno il nostro appello e deporranno le armi". Un esplicito appello al tradimento.

Nel frattempo, segnali inquietanti continuano ad essere mandati dal Cremlino all’Occidente. Dopo aver genericamente minacciato l’Alleanza nei giorni scorsi, Putin ieri ha lasciato che anche la portavoce del ministero degli Esteri lanciasse un avvertimento mirato a due Paesi Ue (ma non Nato) come Svezia e Finlandia. "Se uno dei due Paesi nordici cercherà di aderire all’Alleanza Atlantica – ha detto Maria Zakharova, la portavoce di Lavrov – questo avrà gravi conseguenze militari e politiche che richiederebbero al nostro Paese di adottare serie misure". Ancora una volta, la Russia che vuole dettare condizioni su paesi indipendenti, come fu con la Finlandia o l’Austria ai tempi della guerra fredda che fu. Alla quale Vladimir Putin vorrebbe tanto tornare, e qui con un indubbio successo.