Mercoledì 24 Aprile 2024

Il 'disperso' sulla via di Santiago. "Sono tornato a casa per nostalgia"

Il ritorno di Adriano in famiglia: non sapevo che mi stessero cercando, l’ho capito in treno a Marsiglia

Bastiglia (Modena) - Adriano sorride nel cortile di casa. La pelle abbronzata, la canottiera, i capelli ricci un po’ arruffati; al collo oltre alla sua collana ha una conchiglia legata con un cordoncino. Tra l’affetto di sua madre Grazia, del suo compagno e del fratellino Justine, i giorni di disperazione vissuti dalla famiglia paiono attenuati. Adriano Pacifico, 32 anni, era partito da questa casa il 3 luglio scorso in sella alla sua bicicletta in direzione Spagna, per compiere il Cammino di Santiago. L’11 luglio ha avuto l’ultimo contatto con la madre, in quanto il cellulare si era rotto: poi il nulla per due settimane. La madre si rivolge a ’Chi l’ha visto’, si reca due volte in Francia. Un silenzio assordante spezzato martedì quando la Polfer di Ventimiglia ha indentificato.

Adriano, quando ha capito che tutta Italia si era mobilitata per lei?

"A Marsiglia: sul treno una signora mi ha riconosciuto, mi ha mostrato la mia foto sul cellulare, facendomi capire che tutti mi stavano cercando. Poi è arrivata la polizia, io nel frattempo mi sono fatto prestare un cellullare da un ragazzo e ho scritto a mia madre: ‘Sto tornando a casa’. Nuovamente la Polfer di Ventimiglia mi ha identificato: mi hanno fatto visitare da un medico, dato da mangiare, chiamato le altre stazioni per avvisare della mia presenza nelle tratte verso Modena".

Perché era sul treno a Marsiglia?

"La mia ultima tappa in Francia è stata a Narbonne, cittadina quasi al confine con la Spagna. Per la prima volta dall’inizio del viaggio mi sono trovato di fronte ad una stazione dei treni. Qualcosa è scattato in me: quella stazione significava ‘casa’, ho sentito che qualcosa non andava, mi sono reso conto che erano troppi giorni che ero lontano senza dare notizie. Sul mio diario, che scrivevo tutti i giorni, ho annotato una parola: ‘Stop’. E ho preso il treno".

Quando ha capito che la sua famiglia era preoccupata, cosa ha provato?

"Mi sono sentito molto in colpa, ancora mi sento tanto in colpa verso tutte le persone che mi vogliono bene. Sono partito per questo viaggio perché lo dovevo a me stesso. Avevo bisogno di fare questa esperienza: sono timido, pigro, era una sfida per me. Sapevo che non sarebbe stato facile, che avrei dovuto ‘mendicare’ ossia chiedere aiuto".

Ha mai avuto paura?

"Temevo potessero derubarmi della bicicletta che era tutta la mia ‘casa’, ma per il resto non ho mai avuto paura. Ho sempre dormito all’aperto. Ho incontrato persone. Poi il cellulare si è rotto e ho perso la nozione del tempo, dei giorni. Sentivo dento di me di dover portare a termine il cammino, ma iniziava a farsi sentire la nostalgia di casa, delle mie due figlie".

Cosa ha fatto una volta arrivato a Modena in stazione?

"Ho preso la mia bicicletta e sono tornato a casa: era passata la mezzanotte, mamma era in cortile sul dondolo che mi aspettava. Mi sono seduto di fianco e abbiamo iniziato a parlare. E tanto ancora abbiamo da dirci".