Il diktat di Calenda "Draghi non tratti con nessun partito: prendere o lasciare"

Il leader di Azione è tra i più convinti sostenitori dell’attuale premier "In Parlamento metta tutti di fronte alle proprie responsabilità. Facciamola finita con questo populismo cialtrone di destra e di sinistra"

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Raffaele

Marmo

ROMA

o sono tra quelli che vogliono fortemente che Mario Draghi guidi il Paese in uno dei momenti più drammatici della nostra storia. Ma non si può pretendere che Mario Draghi diventi il parafulmine delle irresponsabilità dei partiti. E per questo non gli si può chiedere (e non deve farlo) di rimanere a ogni costo e a prescindere. Ma perché dovrebbe farlo se non viene messo nelle condizioni di poter governare?". Carlo Calenda è appena uscito da piazza San Silvestro, dove con le temperature di queste giornate si sono radunati i più fieri sostenitori del draghismo. Con la ruvidezza che lo contraddistingue non le manda certo a dire.

Il premier quali condizioni deve porre per restare?

"Mario Draghi deve andare in Parlamento e fare un discorso ultimativo dicendo con chiarezza come intende governare da qui alla fine della legislatura. Deve spiegare che non tollererà più le richieste folli della Lega di uno scostamento di bilancio o di una contro-riforma delle pensioni e che non accetterà più i no e i veti a infrastrutture, rigassificatori, termovalorizzatori dei grillini e della sinistra. Insomma, deve dire: “Se volete questa roba qua, ve la fate da soli, io non ci sto”".

Lei ha detto: "Mario, vai e combatti, saremo con te". Contro chi deve combattere?

"Contro i populisti che in questi mesi hanno messo in discussione i principi ispiratori del governo nella politica estera e in quella economica: basta polemiche sul supporto all’Ucraina o sulle misure per fronteggiare la dipendenza energetica. Mario Draghi deve mettere il Paese e il Parlamento di fronte a quello che è necessario fare per tenere in sicurezza l’Italia in un momento di gravissima crisi internazionale senza lasciare neanche più uno spazio ai foglietti di Lega e 5 Stelle che sembrano quelli di Miss Universo. Si deve ristabilire la differenza tra serietà e cialtroneria populista: basta poco per rendersi conto".

Nel senso?

"Oggi Mario Draghi è ad Algeri per trovare forniture alternative di gas per l’Italia. Tre giorni fa a Piombino, Pd, Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia, Lega, sinistra, erano tutti a manifestare contro il nuovo rigassificatore: non credo che si possa trovare un esempio più chiaro della differenza tra serietà e cialtroneria".

È stato il Movimento di Giuseppe Conte, però, a non votare la fiducia. Non la Lega.

"La Lega e Forza Italia, che non è altro che la ruota di scorta della Lega, sono altrettanto responsabili della situazione quanto i grillini. Fino a una settimana fa Salvini faceva circolare la notizia che avrebbe sfiduciato Draghi al raduno di Pontida di settembre se non avesse dato 50 miliardi di scostamento di bilancio. Dunque, se vogliono andare a elezioni lo dicano con chiarezza e si assumano la responsabilità davanti al Paese".

Altro che l’elenco di Conte o la lista di Salvini: per andare avanti i partiti dovranno accettare l’agenda Draghi senza nessuna condizione?

"Certo. In questo momento l’unico che può porre condizioni è Mario Draghi. I partiti non possono farlo non perché lui sia Dio, ma perché lo hanno chiamato loro quando si sono trovati in una condizione di disastro dopo aver fallito ogni altra combinazione di governo al punto che perfino per eleggere il presidente della Repubblica abbiamo dovuto chiedere a Sergio Mattarella di restare contro la sua volontà".

La dissoluzione del grillismo, in ogni caso, mette fine anche al campo largo del Pd.

"Ho fondato Azione nella convinzione che l’unico modo per gestire i grillini era puntare sulla loro dissoluzione, a differenza di Pd e Italia Viva, che ci sono andati al governo insieme. Certamente a questo punto la scommessa del Pd dell’alleanza con i 5 Stelle è fallita, anche se nel partito c’è chi non si arrende: tant’è che non hanno il coraggio di prendere una posizione netta, divisi come sono in mille rivoli".

Abbandonato Conte al suo destino, si riapre la possibilità di un alleanza tra il Pd e i riformisti come voi?

"Che ci sia Conte o non ci sia Conte, quella coalizione è fatta di gente che non è in grado di governare l’Italia. Il loro progetto è di sostituire Conte con Di Maio: fanno questo gioco ma non capiscono che i populisti restano tali anche quando si mettono la giacca e la cravatta. A volte può non sembrare così ma è solo senso di opportunismo. Insomma, il Pd e i suoi alleati sono contrari a fare investimenti sul gas, sono contrari al nucleare, sono contrari a far funzionare il Reddito di cittadinanza in maniera da escludere chi non vuole lavorare. Parlano solo di cannabis legale e voto ai sedicenni. Noi siamo un’altra cosa. Noi siamo del capo serio".

Un campo che andrà da solo alle elezioni: in autunno come a febbraio?

"Certo. E saranno gli italiani che devono decidere se continuare a votare per coalizioni eterogenee fatte da gente che si odia e che non la pensa alla stessa maniera su niente, a partire dal posizionamento dell’Italia, o se vogliono votare per un’alternativa, per un fronte repubblicano ispirato a Mario Draghi".