
ippo Turetta, 23 anni, condannato all’ergastolo in primo grado per aver ucciso Giulia Cecchettin
Filippo Turetta non aveva ancora deciso di uccidere Giulia Cecchettin quando quel dannato sabato 11 novembre 2023 l’accompagnò in un centro commerciale di Marghera per gli ultimi acquisti in vista della laurea in ingegneria biomedica che la ragazza di Vigonovo doveva sostenere il giovedì successivo all’università di Padova, e quindi agì d’istinto quando commise l’efferato delitto.
La contromossa dell’avvocato Giovanni Caruso, difensore del giovane di Torreglia – condannato all’ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e per questo detenuto nel carcere di Verona – alla richiesta di appello da parte della Procura per ammettere le aggravanti della crudeltà e dello stalking che non figurano nella sentenza non si è fatta attendere che ventiquattro ore. Il professor Caruso – che è anche uno dei più noti docenti dell’ateneo patavino – contesta proprio la premeditazione e chiede che la Corte d’Assise d’Appello di Venezia, che sarà chiamata a giudicare in secondo grado, possa escluderla. E in più, ma con maggiore convinzione, chiede che a Turetta possano essere concesse le attenuanti generiche in virtù, ha scritto nel ricorso presentato ieri mattina, della collaborazione che l’imputato avrebbe dato durante il dibattimento e del comportamento processuale tenuto. La sentenza di condanna specifica però che egli ha taciuto inizialmente diverse circostanze ammettendole solo di fronte a prove inconfutabili. E comunque che si fosse recato all’appuntamento con i coltelli e il nastro isolante, con dei sacchi, dopo avere fatto un bancomat e avendo in macchina un cambio di vestiti aveva fatto scattare negli inquirenti la convinzione che avesse già pensato a quale azione compiere: delitto e fuga. Sarà comunque una dura battaglia legale davanti ai giudici della Corta d’Assise d’Appello.
La posizione della Procura veneziana, così come espressa nel ricorso firmato dal pm Andrea Petroni, è chiara: crudeltà e stalking sono evidenti e vanno riconosciuti al di là di come siano state inferte le 75 coltellate, e il fine pena mai è la giusta conclusione giudiziaria. La strategia difensiva è invece di instillare dubbi dipingendo Turetta come un detenuto modello pentito di ciò che ha fatto. Brandendo le attenuanti generiche, il suo difensore cercherà di convincere la Corte che i 30 anni di reclusione sarebbero la giusta pena, quella che permetterebbe a Filippo di redimersi e che aprirebbe la strada a benefici che l’ergastolo non consente: riduzione di pena, permessi e infine libertà con ulteriore sconto per buona condotta. La famiglia Cecchettin è invece schierata sulla linea dura della Procura: non solo venga confermata la premeditazione, ma si aggiungano le altre aggravanti non riconosciute dalla sentenza. In quel caso le porte del carcere per Turetta non si aprirebbero mai.