Mercoledì 24 Aprile 2024

Il coraggio di una nuova primavera araba

di Lorenzo

Bianchi

Fra i tanti arrestati a Teheran c’è anche Faezeh Hashemi, la figlia dell’ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. In tempi passati la notizia sarebbe stata degna di un titolo. Oggi passa quasi inosservata nel flusso delle informazioni su un movimento spontaneo che sta travolgendo tutti gli schemi del passato. La protesta nata dall’uccisione di Mahsa Amini ha divelto antichi steccati. Il primo è la stratificazione sociale dell’Iran, le tradizionali distinzioni fra i ceti agiati e la popolazione meno abbiente, fra le grandi città e i centri sperduti della provincia. Anche le diverse età non sono più un elemento di distinzione e di divisione fra le donne e fra i maschi. La protesta fa ribollire piazze, università, licei. "Una generazione molto più coraggiosa della mia che ha quaranta anni", ammette la scrittrice e poetessa Bita Malakuti. "La mia – spiega – è stata quella delle rivoluzioni, delle guerre, dei bombardamenti, delle massicce esecuzioni di prigionieri politici, dello spazio chiuso delle case senza satelliti e internet, eravamo una generazione di codardi, umiliati e stremati".

Nel 2022 le ragazze e le donne bruciano l’hijab e si tagliano i capelli. Gli uomini indossano polemicamente il velo imposto a sorelle, mogli, madri e fidanzate. Per la scrittrice sono "coraggiosi e da ammirare, non hanno paura di essere picchiati, detenuti, torturati e persino uccisi". Tagliare i capelli è un antico costume di lutto, soprattutto curdo. Vuol dire "sono così triste e arrabbiata che ignoro perfino la mia bellezza di donna". Le proteste si estendono per contagio spontaneo, come è successo all’università di tecnologia Sharif di Teheran il 3 ottobre. Le primavere arabe del 2011 furono l’alba della coscienza dei diritti dell’individuo in società patriarcali guidate da dittatori. La rivolta iraniana è il risveglio corale di un popolo.