Martedì 23 Aprile 2024

Il coraggio di stringersi la mano

Roberto

Pazzi

orniamo alla stretta di mano e all’abbraccio, basta pugni e gomiti", invoca il direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico di Genova, Matteo Bassetti. E chi potrebbe dargli torto? Chi contestargli di auspicare il ritorno alla calda stretta della carne? La nostra vita è stata mutilata per più di un anno delle sue abitudini più sacre, di tante minime gestualità quotidiane, dall’abbraccio, alla stretta di mano, al bacio, alla carezza. Chi ci restituirà quel tempo perduto? il culmine del malessere lo abbiamo toccato quando non potevamo nemmeno più accarezzare i nostri cari vecchi che se ne andavano, lasciati soli nel loro letto per paura del contagio. La morte non è stata mai tanto sfacciatamente vittoriosa come nelle giornate solitarie del lungo deserto che abbiamo attraversato, in fuga dal miasma, il Coronavirus, questo nemico invisibile che ci allontanava gli uni dagli altri, tornando al ferino rapporto di Hobbes, "homo homini lupus", ogni uomo lupo per l’altro uomo.

La regressione nella sfera degli affetti ha colpito soprattutto le età agli estremi della vita, i bambini e i vecchi, i più inermi nella solitaria battaglia contro il male, i primi per inesperienza, i secondi per fragilità. È stata lei, la solitudine, la trista vincente di questa guerra, la dimensione che ha saputo elevare invisibili mura fra noi, tutti in preda alla stessa paura. Paura di che cosa? Dell’ignoto, di quello che non si sa, che si era incerti persino come chiamare, nella rutilante galassia delle varianti. Della potenza che la Natura ha scatenato, forse perché violata nella sua sacralità dalla nostra mano sacrilega. E dunque la mano, questa parte di noi che sa scrivere il Cantico delle Creature e girare la chiavetta nelle camere a gas, torni a stringere la mano. Come nell’affresco di Michelangelo il dito di Dio creatore tocca quello di Adamo, si ricomponga l’unità del nostro umiliato essere.