Mercoledì 24 Aprile 2024

Il coraggio di fare i conti con l’età. Quelle parole che non diciamo più

Le frasi del capo dello Stato impongono di riflettere sulla vecchiaia. Nessuno accetta la rottamazione (né la morte)

Per molti anziani è difficile rassegnarsi al passare del tempo

Per molti anziani è difficile rassegnarsi al passare del tempo

La parola che è vietato pronunciare, la condizione che riguarda sempre gli altri. Da oggi si può dire: sono vecchio. Non anziano, in là con l’età. Proprio vecchio. Per ragioni tecniche (il giro di boa fissato dai geriatri sono i 75) e di orgoglio. A 79 anni Sergio Mattarella ha fatto cadere il tabù che ci condannava all’eufemismo: "Sono vecchio e tra otto mesi potrò riposarmi". Fine dell’esorcismo collettivo, anche se non ci piace.

La vecchiaia fa paura al narcisismo, avvertiva il fondatore di Bose Enzo Bianchi in un libro dedicato a quella cosa lì e alla morte, altra parola impronunciabile circondata da perifrasi e rimozioni. Parlava di protagonismo della vita come vera e propria ossessione, della volontà di apparire tutti sempre efficienti e sulla breccia. Un rimbambimento generale che porta a trascurare il privilegio dell’età: potere fare un passo indietro, lasciare la presa. Comportarsi come certi monaci giapponesi che per celebrare il passaggio a una nuova stagione dell’esistenza – e prima o poi al grande salto – compongono brevi poesie di congedo chiamate Jisei: "Petali di ciliegio cadono su un tortello mangiato a metà". Ognuno ha nel piatto un tortello che non finirà, nessuno uscirà vivo da qui. Perché drammatizzare.

Nel dare notizia della morte di Battiato qualcuno ha accennato a una "prematura scomparsa": lo scomparso troverebbe l’aggettivo irresistibile avendo lavorato una vita per portare l’anima a maturazione e ben sapendo che premature sono tutte le morti. Ma niente, facciamo fatica ad accettarlo e Cicerone lo sapeva: nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno.

Nessuno accetta la rottamazione e il cliché che il pittore Vittorio Cavalieri ha descritto nella tavolozza a tinte fosche intitolata Davanti al fuoco: una vecchia che non si potrebbe chiamare altrimenti sta piegata davanti al camino con le mani deformate dall’artrosi mentre oggi le ottantenni giocano ancora a tennis e con la prima protesi dell’anca non disdegnano la seconda al seno. Se si vuole insultare pesantemente qualcuno bisogna dargli del vecchio. Lo fanno i ventenni con i quarantenni, lo fa quotidianamente l’esercito di odiatori di Barbara D’Urso che la massacra dandole della mummia. Un uso educato della parola mai, invecchiano solo le lavatrici. Settantacinque anni sono il confine, dunque. Ma per chi, per me o per gli altri? Su questo bariamo tutti: gli altri sono sempre più vecchi di noi, l’asticella è un’opinione.

Il Pew Research Center, eccellenza americana nella ricerca demoscopica, ha scoperto che sotto i 30 anni si pensa di diventare vecchi a 60 mentre chi ne ha più di 85 sostiene di esserlo da quando ne ha 74. E i sintomi della sciagurata condizione sono più o meno uguali per tutti: perdita di indipendenza, impossibilità di guidare, oblio a macchia di leopardo sui nomi dei familiari. Sei vecchio quando le candeline costano più della torta, diceva Groucho Marx. A quella bellissima vecchia che è stata Paola Borboni invece non ha mai importato un accidenti essere giovane: "Se non volevo morire dovevo invecchiare. Mio marito è morto e non è invecchiato". Bruno Vilar, più giovane di lei di 42 anni, perso in un incidente stradale: "Mi sono sposata perché mi chiudesse gli occhi. A 72 anni una donna non è solo vecchia ma moritura". Sopravvisse con saggezza: "Quando non hai più la giovinezza devi metterti in disparte e se non lo fai la vita ti prende a calci, a meno che tu non sia straordinariamente intelligente".

Nell’antica Roma l’età media si aggirava sui 40 anni ma c’è una lunga galleria di salvatori della patria anziani, diciamo così. Appio Claudio, cieco e cadente, si fa portare in Senato per ammonire a non concludere una pace umiliante con Pirro. Cincinnato viene nominato dittatore per la seconda volta quando ha più di ottant’anni. Poi ci si mise Catone, che consigliava di vendere i vecchi come strumenti fuori uso. E la storia non è più stata la stessa.