Giovedì 18 Aprile 2024

Il confine chiaro tra divertimento e molestia

Gabriele

Canè

A questo punto i casi sono due. O i Comuni si impegnano ad accantonare cifre importanti per fare fronte alla pioggia di denunce, e di condanne che inevitabilmente si abbatterà su di loro. Oppure, incominciano a fare il loro dovere: a far rispettare la legge. Le norme della Costituzione, ad esempio, richiamate dalla sentenza choc della Cassazione che condanna il Comune di Brescia a risarcire una famiglia per i danni subiti dalla mala movida. Perché un conto è il legittimo divertimento, il ritrovarsi in strada a chiacchierare, scherzare, anche fino a tardi. Altro è quello che spesso succede il fine settimana nei centri storici delle nostre città, in particolare di quelle ad alto tasso turistico, a cui corrisponde quasi sempre un altissimo tasso alcolico e di decibel. Situazioni arcinote, che si ripetono negli stessi luoghi, alle stesse ore, quasi sempre ignorate, qualche volta "osservate", quasi mai sanzionate. Il cittadino telefona, il centralino chiede notizie: "Interverremo". Nessuna meraviglia che la decisione della Corte, analoga a una in appello a Torino, preoccupi e non poco i tesorieri dei municipi italiani. Evidentemente molto più di quanto ha fatto fino ad ora la legittima e consolidata rabbia di chi non riesce a dormire. Certo, non è facile conciliare il diritto al divertimento e quello al riposo. Ma quando e dove le situazioni sono così sbilanciate, non occorrono i sociologi per trovare un punto di equilibrio. Ora il timbro della Cassazione conferma che per distinguere il divertimento dalla molestia, dalla violenza, per far capire che esistono limiti, confini, basta applicare le leggi esistenti. Quelle che dovrebbero tenere per un po’ in galera l’ennesima "ambientalista" che si è tuffata nella fontana di Trevi e ha picchiato pure gli agenti. Quelle che obbligano ad abbassare i decibel, e a tenere alta la consapevolezza civica, l’operatività dei Comuni. A fare cioè quello che non è stato fatto.