Mercoledì 24 Aprile 2024

Il condono è un rebus. E spacca il governo

Lite Letta-Salvini sullo stralcio delle cartelle nel Dl Sostegni. I partiti si preparano a chiedere modifiche: nel mirino il tetto di 5mila euro

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di Claudia Marin

Il varo del Decreto Sostegni, mentre il governo si avvia a chiedere un nuovo scostamento di bilancio da 30-35 miliardi di euro per fronteggiare gli effetti della nuova emergenza, è accompagnato dalla ennesima polemica tra Enrico Letta e Matteo Salvini su un tema che si avvia a diventare il tormentone del momento. Al centro dello scontro, il "condono" soft sulle cartelle del periodo 2000–2010, col segretario del Pd che attacca: "Bene Draghi. Bene i ministri. Male, molto male che un segretario di partito tenga in ostaggio per un pomeriggio il Consiglio dei ministri (senza peraltro risultati). Pessimo inizio, Salvini". Il leader della Lega ribatte a stretto giro: "Mi spiace che Letta per ricordarsi di esistere ogni giorno ne deve inventare una contro di me. C’è chi pensa allo Ius soli e c’è chi pensa ad aiutare gli italiani in difficoltà. Basta con le polemiche, Enrico stai sereno". Fino a che a che il nuovo capo del Nazareno tenta di chiudere con un "Enricostaisereno? Apperò".

Le scintille di giornata, però, rischiano di essere solo il preludio di quello che accadrà in Parlamento sul dossier fiscale. La Lega, ma anche Forza Italia ("Grazie a noi un cambio di passo sul fisco. Ma non basta", assicura Antonio Tajani) e i grillini, si apprestano a dare battaglia per far prolungare il periodo della sanatoria al 2015 e per far saltare (o far salire) il limite di reddito 2019 previsto per accedere al saldo e stralcio, fissato a 30mila euro lordi. E, dunque, la versione del condono uscita dal Consiglio dei ministri potrebbe essere riveduta e corretta a colpi di emendamenti.

Basti pensare che il sottosegretario leghista all’Economia, Claudio Durigon, si dice "sicuro che in Parlamento si possa trovare la maggioranza per migliorare il provvedimento". Sulla stessa linea la grillina vice-ministro Laura Castelli.

Ma, dall’altro capo della maggioranza, è l’ex viceministro dell’Economia, Antonio Misiani, fresco di nomina come responsabile economico del Pd, a difendere i paletti. "Noi voteremo contro".

Certo è che anche nella versione attuale toccherà all’Agenzia delle Entrate mettere a fuoco più di un punto per rendere operativa la soluzione individuata.

Per cominciare, il primo chiarimento riguarda proprio il limite dei 5mila euro. A che cosa si riferisce? Come si deve regolare chi ha più debiti che sommati superano la soglia indicata? Innanzitutto quando parliamo di 5mila euro significa che in media il debito originario non va oltre i 2.500 euro: l’altra metà è costituita da interessi, sanzioni, oneri di mora.

In secondo luogo, il concetto al quale fare riferimento non è quello di "cartella", ma di "ruolo", che è la specifica comunicazione con la quale l’ente creditore (il Comune o altri enti) comunica all’Agenzia per la riscossione il debito di un soggetto. Ma un ruolo può contenere, per esempio, una singola multa stradale non pagata o anche più multe insieme: se nell’uno, come nell’altro caso della somma, si va oltre i 5mila euro, l’annullamento non scatta. Al contrario, se un contribuente è debitore per dieci ruoli, tutti sotto i 5mila euro, la sanatoria si applica.

Quel che è certo, come fanno notare dalla stessa Agenzia, è che si tratta di debiti vecchi, di modesto importo, nella stragrande maggioranza di impossibile esigibilità. Insomma, per lo più multe stradali o simili. C’è ben poco relativo a accertamenti su imposte e contributi evasi: in media questi accertamenti portano a debiti che vanno ben oltre i 5 mila euro. La conseguenza, però, è che con i limiti inseriti l’altra sera per chiudere il caso si svuota solo parzialmente quel ’magazzino’ delle vecchie cartelle che lo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, considera un peso enorme sulla strada della riforma.