Il compromesso Riforme senza strappi Ora l’autonomia, poi il presidenzialismo

Summit tra la premier Meloni e i big dei partiti di governo . La Lega spinge per un pronunciamento prima delle Regionali . Palazzo Chigi: "Si farà nei prossimi Consigli dei ministri"

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di Antonella Coppari

Qualcosa alla fine la presidente Meloni a Salvini ha dovuto concedere. Il meno possibile. Palazzo Chigi annuncia di aver definito "il percorso per arrivare in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, all’approvazione preliminare del disegno di legge sull’autonomia differenziata", dopo il vertice sulle riforme cui hanno partecipato con la premier e i due vice, il sottosegretario Mantovano e i ministri Calderoli, Casellati, Fitto e Lollobrigida. Il calendario però resta vago. L’incardinamento del provvedimento prima delle regionali, al quale mirava il capo leghista è ancora incerto: "Uno scadenzario non è stato fissato, e comunque è chiaro che le riforme marciano insieme", sottolineano i ministri FdI.

In effetti, anche se di presidenzialismo non si è praticamente parlato il comunicato sottolinea la decisione di "definire il cronoprogramma sullo status di Roma Capitale e sulla riforma in senso presidenziale dello Stato". Una formula studiata soprattutto da FdI e la sua leader per riequilibrare le due partite. E mettere un freno a fughe in avanti e strappi sulle riforme.

Quella che si è giocata ieri sera è una partita a scacchi. A chiedere l’incontro è stato Matteo Salvini, immaginando di discutere solo la richiesta di accelerare il percorso dell’autonomia. Per il Carroccio è questione quasi di vita o di morte in Lombardia: "Se stiamo alzando tanto il fuoco è per le regionali", confessa ai suoi il capo dei deputati del Carroccio, Riccardo Molinari. Ma troppe volte il Capitano ha reclamato a gran voce senza poi portare a casa nulla di rilevante. Stavolta ci vuole qualcosa di più concreto. Certo, in via Bellerio sono consapevoli di quanto controproducente la calendarizzazione prima del voto sarebbe nel Lazio, ma lì i sondaggi assegnano alla Lega percentuali molto basse, intorno al 4%, vale la pena di sacrificare la regione per provare a conservare la roccaforte lombarda. È quasi un addio al miraggio salviniano di staccare la Lega dal Nord per renderla nazionale.

Giorgia però prova a sgambettare l’alleato optando per una riunione su tutto, anche sul presidenzialismo, per sottolineare la sua determinazione nel far procedere le due riforme a pari passo. Forza Italia, partito ex nordico in cui il Meridione pesa oggi moltissimo, la spalleggia. Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, taglia corto: "Non si farà entro le Regionali, mai rincorrere pensando che gli elettori ti premiano perché approvi in fretta l’autonomia". Per FdI aveva già provveduto a chiarire le cose Fabio Rampelli: "Fare bene prima che presto". Non è solo questione di tempi e di reciproci sgarbi elettorali in Lombardia. Le opinioni di FdI e, in buona parte, di FI sulla proposta di Calderoli non sono poi tanto diverse da quello delle opposizioni, convinte che i livelli di prestazioni essenziali (Lep) vadano stabiliti prima di definire l’autonomia, e che a farlo debba essere il Parlamento e non, come dice Francesco Boccia (Pd) "una cabina di regia". Punto su cui sono al lavoro gli uffici legislativi di Chigi con l’obiettivo di correggere la bozza di Calderoli arrivando a un testo concordato.

Ma la Lega ha in mano un paio di carte non trascurabili: il suo voto sarà probabilmente determinante per il presidenzialismo. Oggi Casellati incontrerà il Terzo Polo, Calenda & co. apriranno uno spiraglio sull’elezione diretta del premier, non del capo dello Stato. Lunedì i Cinquestelle e mercoledì il Pd dovranno dire la loro alla ministra delle Riforme: anche se un dialogo dovesse instaurarsi, le possibilità di un’intesa a prescindere dalla Lega sono pari a zero. Poi c’è la ratifica della riforma del Mes: il soccorso di Pd e Terzo polo è garantito, passerebbe anche senza i voti leghisti, ma la credibilità della premier precipiterebbe, e le possibilità di sopravvivenza del governo si ridurrebbero all’osso. Per questo, pur cercando di limitare il danno, ha dovuto cedere su qualcosa.