
Che fosse fuori gioco lo si sapeva da tempo, ma per ufficializzare la definitiva uscita di scena dall’agone politico di Beppe Grillo c’è voluto il suo monologo domenica sera a Che Tempo Che Fa. Un de profundis che segna la fine di un’avventura iniziata il 7 settembre 2007, giorno del prima vaffa-day. È con questa realtà profonda che le forze politiche si confrontano il giorno dopo, anche se in superficie la schiuma riguarda solo lo scandalo di turno: le affermazioni contro la legale della ragazza che ha accusato il figlio Ciro di violenza sessuale. "È un avvocato, presidente della commissione Giustizia, è una senatrice della Lega che fa comizietti davanti ai tribunali, dove c’è una causa a porte chiuse. È inopportuno. Si mischia tutto". Giulia Bongiorno risponde per le rime: "Ho riferito che la mia assistita in aula ha dichiarato di essere devastata e di aver tentato il suicidio. Questa sofferenza è stata trasformata da Grillo in una farsa inserendola in uno show. È gravissimo. È stata massacrata due volte". Continua: "Il 19 aprile 2021 lui ha tentato di ridicolizzarla in un video. Ora ha attaccato me definendo ’comizietto’ il mio intervento; sono donna, forse non mi ritiene in grado di fare un comizio. Qual è lo scopo? Vuole intimidirci? Vuole mettere pressione al tribunale?" Al suo fianco, il leader leghista Matteo Salvini: "Grillo si sciacqui la bocca, Bongiorno non fa comizietti, difende la ragazza".
Nel complesso, il centrodestra mantiene un discreto riserbo. Un po’ perché non c’è bisogno di ingigantire il caso, molto perché ognuno ha il suo scheletro nell’armadio e quello della maggioranza si chiama Leonardo La Russa. Capita così che a esporsi a difesa dell’ex avvocata di Andreotti sia il Pd con Valeria Valente: "Grillo è l’ultimo a poter parlare di comizietti. Farebbe meglio a tacere". E Iv con Maria Elena Boschi: "Grillo fa la parte della vittima. Ma il sistema di aggressione alle persone e alla famiglie è nato con lui e M5s. Anche la mia famiglia l’ha subito".
Questa è, però, la schiuma. Il secondo passo falso di Grillo, dopo il video ricordato da Bongiorno, è troppo clamoroso per creare un vero problema. L’abdicazione del fondatore di M5s ha implicazioni meno episodiche. Grillo se n’è andato senza nascondere il risentimento verso il leader che aveva creato in laboratorio e che gli ha scippato il partito. Ma Conte è diplomatico troppo abile per mostrare irritazione: "Grillo è un mattatore. Lui usa l’ironia, io l’autoironia. È stato divertente, mi sono messo a ridere". Quanto al processo, si cela dietro il solito mantra: "La politica non deve mischiarsi nei processi in corso". Conte in fondo grillino non lo è mai stato.
Però, anche tutti quelli che pendevano dalle sue labbra se la cavano derubricando l’ex capo, garante, guardiano della linea a comico di talento. Lo stesso direttore del Fatto quotidiano, Marco Travaglio, non si limita a difendere Grillo: "Giusto parlare del conflitto d’interesse di Bongiorno", ma aggiunge: "Ha fatto satira in tivù". Insiste Vittoria Baldino, vice capogruppo dei deputati: "Quella di Grillo è stata una performance più che un’intervista". Chiosa il collega Dario Carotenuto: "Ha dimostrato di essere ancora capace di portare entusiasmo e genuinità in televisione. E l’ha fatto raggiungendo il record di ascolti su Nove". Ovvero: quasi due milioni e mezzo di spettatori (12,10 % di share). Come se invece di parlare dell’uomo che ha creato dal nulla il loro partito stessero commentando la prova di un attore.
Del resto, forse Grillo capo della sua creatura non lo è mai stato. Lo ammette lui: "Prima c’era Casaleggio che era un organizzatore. Io non sono in grado di condurre un movimento politico: faccio danni". Casaleggio aveva una visione. Quale sia quella di Conte, che ora è anche ufficialmente il nuovo sovrano di M5s, non è chiaro a nessuno.