Berlusconi rompe di nuovo gli schemi. E come nel '94 parla al popolo

Sul giornale di famiglia una pagina pubblicitaria in vista del voto per il Colle: "Ecco chi è Berlusconi". Ventidue punti agiografici. Pensando alla stanchezza per i riti della politica e alla voglia di presidenzialismo

La pagina pubblicitaria per Berlusconi

La pagina pubblicitaria per Berlusconi

Mancano, forse solo per ora (perché non sono da escludere fino al 24 gennaio), gli spot televisivi e i maxi-manifesti elettorali "6 per 3" che sono stati, insieme, l’arma più tradizionale e uno dei segni più evidenti e innovativi del berlusconismo rampante. Ma non è azzardato parlare, oggi, di una sorta di nuova discesa in campo di Silvio Berlusconi nella corsa per il Colle. E, come nel ’94, l’operazione determina, a cominciare dalla comunicazione, una significativa rottura con gli usi, le prassi, i costumi propri di quella che è sempre stata l’elezione del Presidente della Repubblica.

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Fin dalle scorse settimane sono emersi indici netti della discontinuità, introdotta dal Cav, con quello che è sempre stato, nella storia della Repubblica, un passaggio per addetti ai lavori, con l’opinione pubblica a fare da spettatrice più o meno silente, più o meno interessata, comunque fuori dai giochi e senza ruolo. Ma la pagina pubblicata ieri da il Giornale, firmata dai seniores di Forza Italia per sostenere, con un lungo elenco di pregi e virtù di Silvio-candidato, è un salto senza precedenti nella trasformazione simbolica del voto presidenziale parlamentare in un voto presidenziale popolare.

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E così, come quasi trenta anni fa il giovane tycoon dell’industria televisiva entrava direttamente dal suo studio di Arcore nelle case di milioni di italiani con modalità, toni e formule mai utilizzate e mai viste prima, allo stesso modo, oggi, l’ultraottantenne ex presidente del Consiglio (ormai bisnonno) torna a occupare la scena politica con un’inedita, diretta candidatura al Colle per la quale sembra voler chiedere il consenso non solo dei grandi elettori, ma, di nuovo, dell’opinione pubblica generale.

Non si era mai vista prima, anche in questo caso, un'"esposizione" dell’ambizione presidenziale tanto volutamente plateale e immediata. Senza filtri e senza scorciatoie: non a caso, un po’ ipocritamente, un po’ farisaicamente, forse anche per certa cultura cattolica dei big politici italiani ("Non lo fo per piacer mio ma per dare figli a Dio"), ma anche per la tradizione laico-azionista e per quella di matrice comunista (che rinviano allo "spirito di servizio" o all’"impegno impersonale" per il bene della causa), certo è che fino a oggi i candidati al Quirinale "non sono mai esistiti". Si sono proposti, combattuti senza esclusione di colpi, distrutti tra loro a colpi di franchi tiratori e dossier riservati fatti uscire e circolare con sapienza chirurgica, ma ufficialmente "non sono mai esistiti".

Forse, solo Marco Pannella aveva tentato di rompere l’incantesimo del rito con il lancio della candidatura di Emma Bonino, ma, a parte anche in quel caso la presenza di un altro personaggio fuori dagli schemi, si trattò di una palese provocazione politica per sostenere il Partito radicale: tant’è che fu accolta e vissuta come tale più che come un’innovazione o uno strappo nell’elezione presidenziale.

Quella di Berlusconi di oggi, al contrario, non solo non è una trovata pubblicitaria o promozionale per Forza Italia, ma è risaputo che il diretto interessato "ci tiene" e lavora, pancia a terra, per l’obiettivo. Con quel tratto essenziale di personalizzazione della politica che, dal ’94 in avanti, ha finito per diventare la cifra – o una delle cifre – della Seconda Repubblica, imponendosi come tale anche ai leader dei partiti di stampo o di origine novecentesca classica.

Certo, a differenza che per il voto politico (per il quale comunque la corsa alla premiership rimane ugualmente un dato sostanziale senza riferimenti costituzionali), nell’elezione del Presidente della Repubblica contano i parlamentari e i delegati regionali, e non i cittadini. Ma operazioni come quella del Cav possono rappresentare, a prescindere dall’esito e dalla valutazione dell’opportinità della stessa mossa, uno spartiacque tra il prima e il dopo, come nel ’94, e segnare l’inizio di una svolta presidenzialista che in futuro non è detto che non possa trovare anche una consacrazione formale e istituzionale.

Tanto più che, come agli inizi degli anni Novanta, anche oggi il Cav intercetta e fiuta l’aria e lo spirito del tempo, se non più per la sua persona, di certo per la voglia del popolo e del Paese (stimata sopra il 70 per cento) di scegliersi direttamente il Presidente.