Il caso Johnson non riguarda solo l’Inghilterra

Roberto

Giardina

Putin must fall! "Putin deve cadere", proclamava Boris Johnson. Ma ora è lui che rischia di perdere il posto. Il premier britannico sembra alle corde, la sua squadra perde i pezzi (una raffica di dimissioni tra ministri e sottosegretari).

Il governo da mesi è stato costretto a difendersi dagli scandali, dai festini ad alto tasso alcolico, dalle accuse di abusi sessuali ad alcuni parlamentari. Boris ha dovuto affrontate un voto di fiducia interno al suo partito, superato a stento. È un maestro della sopravvivenza. Ma quanto potrà durare? Le quote dei bookmakers su chi scomette che riesca a restare a galla, sono altissime. Ogni giorno a Londra sono sempre più violente le proteste di chi paga la sanzioni contro la Russia, la benzina aumentata: l´inflazione sale e i lavoratori danno la colpa a Boris il mastino.

"Fino a quando pensa di tirare avanti?" gli ha chiesto un deputato dell’opposizione. Finché il mio governo sarà in grado di svolgere il suo lavoro, ha risposto ostinato. I collaboratori che lasciano la nave non contano, finché si è in grado di mantenere la rotta, e di non andare a fondo. Boris sta al timone, da solo, anche senza equipaggio che lui, nel suo linguaggio colorito, chiama rabble, ciurma. Si paragona a William Bligh, il capitano del Bounty, che non si arrese agli ammutinati, e guidò da solo i marinai fedeli alla salvezza. Ma gli inglesi hanno ancora fiducia in lui? Se Boris va al tappeto, l’alleanza occidentale perderebbe il suo guerriero più accanito, il Boris che non accetta tregua e accordi, vuole battersi fino a annientare Putin. È l´alleato più fedele di Joe Biden, l’uomo degli Usa in Europa. Intanto è Putin a ridere: Macron è un presidente dimezzato dopo la catastrofe elettorale, la Germania di Olaf Scholz è sull´orlo della recessione. Boris è un grande incassatore, ma questa volta rischia il ko.