Venerdì 19 Aprile 2024

Il caro energia scotta l’Ue Misure per spegnere il gas Ma il tetto ai prezzi non c’è

Rinviate le decisioni sul price cap che Berlino non vuole, pressing su Bruxelles. Accordo su provvedimenti scontati: razionamento dei consumi ed extraprofitti

di Elena Comelli

Più che un tetto sarà una forchetta. L’anticipazione viene dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, al termine del consiglio dei ministri europei dell’Energia. "Bisogna trovare un range tra un minimo e un massimo in cui ci possa sempre essere una variazione", ha precisato, con lo sguardo rivolto alla riunione dei capi di Stato europei del 6-7 ottobre.

A Bruxelles per ora si è trovato un accordo solo sul primo pacchetto di misure proposto il 14 settembre scorso. Prevede un taglio del 10% della domanda di elettricità, con una quota obbligatoria del 5% nelle ore di punta, tra dicembre 2022 e marzo 2023. Sugli extra-profitti si prevede un tetto di 180 euro a megawattora per le grandi compagnie energetiche che producono elettricità da fonti a basso costo come rinnovabili, nucleare e carbone. Le compagnie dell’oil&gas dovrebbero poi versare un’imposta sulla base dei profitti straordinari realizzati nel 2022, calcolati partendo dalla media degli ultimi 4 anni, a partire dal 2018. Agli Stati scegliere le misure appropriate.

Sul price cap, invece, "dobbiamo trovare una strada che sia accettabile per tutti perché altrimenti si creeranno divisioni nell’approccio dell’Ue", ha detto la commissaria Ue all’Energia, Kadri Simson. Francia e Germania ci lavoreranno anche durante la visita del presidente francese Emmanuel Macron a Berlino, lunedì. In pratica, la Commissione è d’accordo con la posizione tedesca e punta a combinare diverse misure, con "un intervento integrato e coordinato che comprenda anche la riduzione della domanda di gas e la solidarietà dell’offerta".

Un tetto ai prezzi di tutto il gas importato, ha sostenuto Simson, "comporterebbe la sospensione del mercato del gas e un rischio per gli approvvigionamenti: è una misura drastica che deve essere adottata con dei prerequisiti non negoziabili, ad esempio un impegno vincolante da parte degli Stati membri a tagliare la domanda oltre il 15 per cento attuale". Come dire: il price cap richiesto da 15 Paesi dell’Unione europea, inclusi Italia, Francia, Spagna Belgio, Polonia e Grecia, potrebbe anche far peggio. Resta il fatto che lo scudo tedesco da 200 miliardi per attutire il colpo del caro-energia alle imprese e alle famiglie tedesche non va giù a nessuno. "La decisione del governo tedesco ci dice che a livello europeo c’è ancora strada da fare. Non perché io contesti la legittimità, ci mancherebbe, ma perché non possiamo arrivare ad immaginare che di fronte a una crisi di questo genere che riguarda tutti ciascuno risponda per sé, magari misurando la propria risposta sulla base dello spazio fiscale, dello spazio di bilancio che ha a disposizione. Questa è la logica che abbiamo evitato durante la pandemia", spiega Paolo Gentiloni, commissario per gli Affari economici.

Il ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, ha cercato di gettare acqua sul fuoco: con la Germania non ci sono tensioni e, ha scandito, "abbiamo lavorato veramente al meglio di quello che potevamo", in attesa di nuove proposte Ue. Una cooperazione evocata anche da Berlino, con un messaggio di riconciliazione affidato dal cancelliere Olaf Scholz al suo portavoce: l’amicizia con l’Italia è "profonda" e "così resterà". Ma per Berlino, ha ribadito il ministro Robert Habeck, il tetto "può essere applicato solo se si dice cosa succede se non arriva abbastanza gas in Europa".