Il cardinale Scola: "Progressisti e conservatori, un dualismo che persiste"

Il ricordo dell’arcivescovo emerito di Milano: "Benedetto XVI è stato un vero maestro, un padre sobrio. Fu mal giudicato"

"Un grande, con lo spirito delicato di un fanciullo". Angelo Scola ha compiuto da qualche mese 81 anni. Cardinale, è stato vescovo di Grosseto, Rettore della Pontificia Università Lateranense, patriarca di Venezia ed è arcivescovo emerito di Milano, dove il Pontefice tedesco lo volle, scelta inedita che diede al porporato da sempre vicino a Comunione e Liberazione una responsabilità e un’esperienza che ne fece una delle voci più ascoltate della Chiesa italiana alla vigilia del conclave inatteso del 2013. Da quando ha poggiato sulle spalle del successore Mario Delpini il pallio che rappresenta la comunione dei metropoliti con Roma, nel 2017, vive serenamente in una canonica, a due passi dal paese natale, nel Lecchese. Immerso nella comunità nella quale è venuto al mondo da una famiglia semplice, padre camionista e madre casalinga, Scola ricorda "un grande uomo", "vero amico, maestro e padre".

Leggi anche: Papa Ratzinger 'santo subito'? Forse, con l’avallo di Francesco

Ratzinger, le rappresentanze ai funerali: chi ci sarà

L’ombra di Vatileaks, le carte trafugate e lo scandalo: "Osteggiato dalla Curia italiana"

l cardinale Angelo Scola, 81 anni, con Benedetto XVI nel 2012
l cardinale Angelo Scola, 81 anni, con Benedetto XVI nel 2012

Può interessarti: 

Approfondisci:

Funerali Ratzinger in tv: orario e dove vedere la diretta. Chi sarà presente

Funerali Ratzinger in tv: orario e dove vedere la diretta. Chi sarà presente

Eminenza, Joseph Ratzinger che uomo era?

"Grande, ma dalla delicata sensibilità, con un desiderio di entrare in rapporto profondo con chi incontrava. Disposto a volere bene, il bene dell’altro, chiunque fosse. Capace di disarmare l’ansietà di chi doveva vederlo. L’ho conosciuto nel 1971, per l’ipotesi di collaborare con quella che poi sarebbe diventata la rivista internazionale Communio. C’erano teologi come De Lubac e Von Balthasar. Quello che mi colpì subito fu il suo spirito di fanciullo, umile e semplice".

Eppure su di lui applicarono il cliché dell’uomo duro, del Papa della dottrina. Come quel titolo di “Pastore tedesco” che arrivò il giorno dopo l’elezione.

"Che insensatezza! Siamo uomini, è normale che su di noi agisca anche il peso del pregiudizio. Ma in molti casi non si è capaci di superarlo. Lui aveva un fortissimo senso della storia. Una dote che in questi giorni è stata poco sottolineata. Nel tempo emergeranno più chiaramente i suoi interventi sull’economia, sul ruolo della politica, sulla vita di una società buona. Interventi in tema di disuguaglianza, di giustizia…"

Temi che stonano con l’etichetta di reazionario...

"L’applicazione semplicistica dell’immagine del capo della Congregazione della Fede. Come se questo facesse automaticamente di lui un uomo rigido. La prosecuzione del non nuovo dualismo di una Chiesa divisa fra conservatori e progressisti. Un dualismo che speravo si fosse attenuato, anche nel mio periodo a Milano. Invece dura e continua".

Il famoso discorso di Ratzinger a Ratisbona nel 2006 sollevò aspre polemiche. Un monito a non perdere per strada i valori cristiani dell’Occidente. Quando lei arrivò a Milano disse a una città "operosa e ospitale" di "non dimenticarsi di Dio". Stessa linea?

"Sì. Ho imparato molto da lui, vero maestro, padre sobrio".

Eppure critiche e polemiche continuano, anche le accuse sul nodo degli abusi nella Chiesa che arrivano dalla Germania, hanno forse amareggiato Benedetto. Sulla sua scelta di lasciare nel 2013 giudicherà la storia, ma lei come l’ha vissuta?

"Non sono in grado di coglierne appieno i motivi immediati, specifici. Certo ha pesato la fatica, l’umiltà di un Papa che riconosce un peso troppo grande per le sue spalle. In senso storico credo che quel suo gesto vada visto nella prospettiva di una apertura della Chiesa, che sappia cogliere tutte le proprie potenzialità. La fede è una scelta di consapevolezza. Noi, che spesso la pratichiamo in modo abitudinario, non ci rendiamo conto di cosa significhi anche solo andare a messa in realtà difficili come la Nigeria. Significa decidere, con il rischio del martirio, di andare fino in fondo nel rapporto con Gesù".

Ma questa svolta non rischia di togliere qualcosa alla sacralità della figura del Papa come qualcuno sommessamente ancora oggi dice?

"La figura del Papa ha certo bisogno di una certa ieraticità e si staccherà sempre dalle altre figure. La decisione di Benedetto XVI darà una prospettiva positiva; è stata, lo ripeto, una scelta di umiltà da cui verrà un bene a tutta la Chiesa. Vescovi, sacerdoti, consacrati e fedeli".

Quale Chiesa immaginava Papa Benedetto, quale Chiesa ha lasciato?

"Per usare una bella espressione della sua enciclica Deus Caritas Est, il cristianesimo non è anzitutto dottrina e morale, ma incontro con Gesù. Dottrina e morale arrivano, ma dopo. L’esperienza cristiana domanda relazione con gli altri nella comunità".

Un Ratzinger espressione della linea del Concilio Vaticano II…

"Certamente sì. Lui riconosceva il desiderio di felicità che c’è nell’uomo. Che non è solo piacere, ma qualcosa di profondo, duraturo. In questo incardinava il suo insegnamento, anche su temi delicati come l’affettività. La sua eredità è grande, complessa, da approfondire. E Papa Francesco lo sta facendo, secondo il proprio carisma".