Il carceriere del Duce "Quei giorni sul Gran Sasso, Mussolini era uno zombie"

Il carabiniere Tascini ha compiuto 100 anni: a Roma mi dissero ’parti per una missione speciale’ "A Campo Imperatore stava zitto, era distrutto. Il raid tedesco con alianti e mitra per liberarlo"

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CITTÀ DI CASTELLO (Perugia)

"Appena si fece giorno arrivò una macchina scura: scesero Benito Mussolini e la sua scorta, capimmo che eravamo andati lì per fare da guardia alla prigionia del duce". Mentre parla tiene in mano la foto in bianco e nero scattata durante la Seconda guerra mondiale. Sono giorni lontanissimi, ma mai dimenticati. Lui è uno degli ultimi carcerieri di Mussolini: si chiama Ferdinando Tascini, ex carabiniere, vive a Città di Castello dove lo scorso 28 dicembre ha compiuto 100 anni. In una recente cerimonia, Comune e carabinieri, gli hanno consegnato la Costituzione, insieme a una targa ricordo. L’omaggio a un testimone della Storia. Le pagine di quei momenti scorrono lucide nella sua memoria e il nastro del tempo si ferma a Campo Imperatore, sul Gran Sasso, che tra il 28 agosto e il 12 settembre 1943 divenne la prigione di Benito Mussolini – in seguito all’Armistizio di Cassibile – fino alla liberazione da parte delle forze armate tedesche.

Tascini, quando arrivò a Campo Imperatore?

"Era il 24 agosto 1943, mi trovavo a Roma: una sera il capitano dei carabinieri venne con una lista di 30 nomi, c’era anche il mio. Ci disse di stare pronti perché saremmo partiti per una missione speciale. Non aggiunse altro. All’alba arrivammo alla stazione base di Campo Imperatore dove c’era una villa".

Mussolini come trascorreva le giornate di prigionia?

"Nella prima sede lo vedevo spesso, perché la zona era molto limitata: ricevemmo l’ordine che se avesse tentato di fuggire avremmo dovuto sparare. Lui era abbattuto, viso scuro, taciturno, distrutto e parlava pochissimo, d’altronde la sua situazione era quella che era… Dopo pochi giorni ci trasferimmo tutti a Campo Imperatore. L’8 settembre si seppe dell’armistizio. Io iniziai il lavoro da telefonista: ricevevo notizie dalla base della funivia e dal maresciallo Antichi, l’unico che viveva accanto alla camera di Mussolini, era il suo custode numero uno". Della liberazione di Mussolini cosa ricorda?

"Il 12 settembre alle 14.30 io non ero di turno e stavo in camera: a un certo punto sentii gridare che erano arrivati i tedeschi. Vidi un aliante che era già atterrato, c’era un ufficiale con la mitraglietta pesante rivolta alla mia finestra. Quando atterrarono gli alianti Mussolini si affacciò, ma non riusciva a vedere chi c’era, voleva sapere se fossero americani o tedeschi. La sensazione era quella che aspettasse più gli americani dei tedeschi".

Lei cosa vide?

"I tedeschi avevano già circondato l’albergo, strinsero il cerchio, salirono in camera da Mussolini con il nostro maresciallo, parlarono. Poi spararono un razzo che servì per far atterrare la ‘cicogna’ con cui Mussolini partì. Il nostro compito era finito".

Nel 2019 lei è tornato con sua figlia e parte della famiglia a Campo Imperatore: di quel giorno c’è una foto in cui lei guarda l’albergo, che sensazione ha provato?

"Ho preso il fazzoletto: mi veniva da piangere, ero emozionato, non mi sembrava di essere lì...".

C’è un messaggio che vuol dare alle nuove generazioni?

"Tenete sempre sotto gli occhi la Costituzione, lì c’è tutto. La vita ci riserva molte cose belle e brutte: cercate di affrontarle serenamente, di non tirarvi indietro di fronte alle difficoltà e non dimenticate la storia". E Tascini la Costituzione ce l’ha in mano: gliel’hanno appena donata – assieme a una targa ricordo – il sindaco di Città di Castello, Luca Secondi, e il comandante della locale compagnia carabinieri, luogotenente Fabrizio Capalti. Il prezioso vademecum di un testimone della Storia.

Cristina Crisci