Evasione dal Beccaria, il cappellano-negoziatore: "Li conosco e li riporterò in carcere"

Don Rigoldi, da 52 anni al Beccaria, all’interno dell’istituto durante la protesta. "Ero lì, ho calmato i più rivoltosi"

Da più di mezzo secolo don Gino Rigoldi, 83 anni, è cappellano al carcere minorile Beccaria.

Don Gino Rigoldi, 83 anni (Ansa)
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Don Gino, lei era presente il 25 dicembre?

"Certo. Già dal mattino non c’era un clima da ’messa di Natale’ e ho preferito parlare con piccoli gruppi di ragazzi, ascoltandoli e recitando delle preghiere con chi desiderava farlo".

Dell’evasione cosa pensa?

"Era il giorno di Natale. Penso al miscuglio di emozioni che si è generato in questi ragazzi ’difficili’: rabbia, tristezza, nostalgia per il fatto di essere lontani da casa e dagli affetti in questa giornata. E rendersi conto della possibilità di evadere ha fatto scattare la molla. Per loro è stata l’occasione di vivere una grande avventura senza rendersi conto delle conseguenze. Sono adolescenti, prima di essere detenuti. Io li conosco: sono sicuro che riuscirò a riportarli indietro, insieme a don Claudio Burgio, prima che la loro situazione possa aggravarsi ancora di più. Tre sono già tornati indietro, due presi dalle forze dell’ordine e un terzo accompagnato dai familiari. Sono ragazzi difficili, alcuni senza la famiglia alle spalle. Siamo noi i loro adulti di riferimento".

Domenica come è intervenuto nei momenti di tensione?

"Sono subito andato dai ragazzi che stavano protestando. Si sono agitati quando hanno saputo dell’evasione: per molti di loro una grande impresa. Ho placato gli animi, un po’ con le buone e un po’ alzando la voce. Mi hanno dato retta, tra noi c’è stima reciproca. Poi è arrivata la direttrice facente funzioni (Maria Vittoria Menenti, che è pure vicedirettrice del carcere di Opera, ndr) e la situazione è tornata sotto controllo in poco tempo. Il problema più grave è la mancanza di un direttore: in 20 anni abbiamo avuto 13 facenti funzione. Vuol dire estrema difficoltà nel portare avanti una continuità educativa, a impostare progetti. Speriamo che questo clamore possa servire a migliorare le cose, a far sì che arrivino risorse ed educatori, a far concludere i lavori in corso".

In 52 anni si è confrontato con più generazioni. Che differenze nota, oggi, rispetto al passato?

"Il clima che si respira oggi non è bello, ma neppure disastroso. Ho vissuto periodi peggiori. Però noto che i ragazzi di oggi sono più rabbiosi, tendono a essere maggiormente aggressivi. Ma anche più confusi. Il loro è un grido di aiuto, sono in cerca di adulti che li ascoltino senza giudicare e il nostro compito deve essere quello di dissipare la nebbia che li circonda per aiutarli a trovare una strada. Perché tutti hanno una grande potenzialità. Il nostro compito è quello di accompagnarli verso una vita sana ma prima di tutto dobbiamo far sì che loro, per primi, la desiderino, capendo che una vita fatta di amore, amicizia, sogni, è migliore di una in cui si delinque. Meglio stare in una comunità in cui ciascuno abbia il proprio posto. Un posto da coltivare".

Come accompagnare i ragazzi?

"Noi continuiamo a progettare, adesso con la direttrice Menenti. Puntiamo su progetti di studio e di formazione, soprattutto. Grande successo ha l’attività teatrale di Puntozero, che deve proseguire. Ma anche quella sportiva piace ai ragazzi, ed è bello coinvolgerli attraverso le varie discipline (la palestra è stata ristrutturata grazie alla fondazione Rava). Mi piacerebbe aprire un laboratorio di pizzeria, magari collaborando con i detenuti di Opera che già hanno le mani in pasta"