Venerdì 19 Aprile 2024

Il campo largo si restringe M5s e Pd perdono il centro

Dem e grillini da soli alla prova del voto con lo spettro del risultato di Fd’I. Letta e Conte blindano la tenuta del governo: "Non è un test nazionale"

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di Antonella Coppari

Il campo c’è, ma è stretto. Fuori i centristi, si tratta essenzialmente dell’alleanza tra Pd e M5s che, per la prima volta, si sottopone apertamente alla prova del voto. Sulla carta appare un test significativo, nella pratica la situazione è diversa. Difficilmente le urne forniranno indicazioni tanto chiare da incidere sulle scelte delle forze politiche in vista del 2023. Si vota in 971 comuni, ma la partita fondamentale si gioca nei 26 capoluoghi (22 di provincia e 4 di regione) che rinnovano i consigli. Dei 6 che attualmente governa il Pd prevede di perdere Palermo. Sconfitta pesante ma fino a un certo punto: più che della sinistra, la città siciliana era feudo personale del sindaco uscente Leoluca Orlando. La probabile perdita potrebbe peraltro essere controbilanciata dalla conquista di Catanzaro, roccaforte della destra. È vero che ad avvantaggiare il campo di Letta è la divisione della coalizione avversaria ma in politica contano i risultati. Per il resto al Nazareno si prevede di mantenere quelle che governa – Cuneo, Padova, Belluno, Lucca e Taranto – ma alla fine lo scontro sui capoluoghi modificherà ben poco. È una guerra di posizione che non prevede grandi spostamenti né tra i due poli né all’interno del centrosinistra. "Ricadute nazionali? No, sono elezioni locali", scandisce Letta. Significativo sarebbe un buon risultato al Nord, ma indubbiamente sarà fondamentale il voto di lista: ha un peso psicologico notevole il testa a testa con Fd’I per il primato su scala nazionale. Anche se contare i voti con il profluvio di liste civiche è complicato, il Pd dovrebbe migliorare le posizioni rispetto al 2017, risultato che verrà letto come conferma della linea del segretario. È anche vero che per non migliorare rispetto alla disfatta di 5 anni fa bisognava mettercela tutta.

L’orizzonte promette di restare nebbioso anche per quanto riguarda i grillini. Non sarà facile capire come l’elettorato reagisce alla prima uscita elettorale ufficiale dei giallorossi: M5s è latitante quasi ovunque, visto che si è presentato solo in 64 comuni. Dunque difficilmente i dati serviranno a cementare o allentare il legame tra i due partiti. Nonostante Conte sia condannato ad agitarsi per provare a restituire identità al Movimento, sull’esito finale ci sono pochi dubbi. Se la legge elettorale - come sembra – non cambierà, l’asse con il Pd è questione di vita o di morte. Non è un caso, che il leader M5s abbia alleggerito la tensione: "Niente strappi, non vogliamo far cadere il governo – smorza i toni – ma vogliamo essere determinanti". Certo: c’è l’incognita della sentenza di Napoli. Ove il tribunale non confermasse la legittimità della sua leadership, l’avvocato del popolo potrebbe essere tentato di fare un suo partito per uscire dalla palude. Avrebbe più libertà di manovra, di sicuro perderebbe voti ma l’esigenza di un’intesta con Letta sarebbe rafforzata, anche se – dovendo fare i conti con un partito in più: Di Maio guiderebbe quel che resta del Movimento – la diplomazia di coalizione si troverebbe in condizioni più difficile.

Soprattutto, però, resterà inevaso il vero limite dell’operazione di Letta: il campo non è affatto largo. I centristi non ci sono, a Genova come a Palermo sono alleati con la destra, e dichiarano senza peli sulla lingua di mirare a un loro polo nelle politiche. E comunque, almeno ora, escludono di fare parte di un’armata in cui figurino anche i 5stelle.