Il Campo largo resta nel limbo A decidere sarà la legge elettorale

La scelta tra l’attuale sistema e un possibile proporzionale condiziona le mosse dei partiti, specie a sinistra

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Lorenzo

Castellani

Il campo largo per l’alleanza di centrosinistra disegnato dal segretario del Pd Enrico Letta sta faticando molto a emergere sul piano parlamentare. Ci sono i distinguo dei centristi sull’alleanza, la tentazione di uscita dalla maggioranza del Movimento 5 Stelle, la frammentazione dei gruppi parlamentari. In questo contesto, sono due gli scenari incontro cui la coalizione di centrosinistra può andare. Il primo è quello del voto con l’attuale legge elettorale, per due terzi proporzionale e per un terzo maggioritario. In questo caso i collegi uninominali del maggioritario richiedono un’alleanza ampia per quanto disomogenea e pulviscolare. Se il centrosinistra vuole avere qualche speranza di vittoria contro il centrodestra, o anche solo impedire che questo raccolga la maggioranza assoluta dei seggi, necessita a ogni costo del “campo largo”. I piccoli partiti, inoltre, in questo caso sono meno incentivati andare da soli, poiché la combinazione tra sbarramento al 3% (al 10% per le coalizioni) e parte maggioritaria della legge elettorale complica molto la possibilità di entrare in parlamento.

Naturalmente l’attuale sistema elettorale non è garanzia di stabilità, come questa legislatura ha dimostrato. Il rischio per il centrosinistra, come per il centrodestra, è quello di vincere con una maggioranza risicata e con una coalizione poco coesa. Le conseguenze sono governi deboli e maggioranze precarie, pronte a cadere o cambiare alla minima perturbazione.

Il secondo scenario è quello di un cambio di legge elettorale, con l’introduzione di un sistema proporzionale con soglia di sbarramento (verosimilmente del 4 o 5%). Questa soluzione elimina il problema di creare coalizioni rabberciate: ogni formazione può andare per conto suo e poi scegliersi di allearsi con gli altri dopo le elezioni. Questo assetto soddisferebbe la galassia centrista, che non sarebbe costretta ad allearsi subito con una delle due coalizioni maggiori e avrebbe maggiori possibilità di essere rappresentata in Parlamento, e potrebbe andare bene al Movimento 5 stelle, il quale tornerebbe a cavalcare le proprie battaglie populiste con maggior libertà. Se si osservano i sondaggi oggi emerge chiaramente la presenza di due pariti-pivot - entrambi intorno al 20% - uno a destra, Fratelli d’Italia, e uno a sinistra, il Pd. Il resto è costituto da partiti medi e piccoli. È evidente pertanto che in caso di legge proporzionale si possono materializzare due sub-scenari: o uno dei due partiti-pivot riesce ad allargare il novero dei propri alleati oltre i tradizionali perimetri della destra e della sinistra per formare una maggioranza consistente di seggi oppure Pd e Fratelli d’Italia saranno costretti prima a trovare una qualche forma di accordo tra loro e poi a coinvolgere altri partner di destra e sinistra. Come si può vedere, la fatica del “campo largo” a sinistra è data dalla sottigliezza della sua superficie. E dunque le ipotesi e i rischi di incrinatura della coalizione sono sempre dietro l’angolo.