Venerdì 19 Aprile 2024

Il campione che regalava felicità

Leo

Turrini

Io invece sommessamente penso che il signor Rossi sia stato, per più di una generazione, un autentico fenomeno socioculturale. E so bene quanto le esagerazioni siano sempre in agguato, a cospetto di un idolo che se ne va in pensione. Però,qui e ora, nel caso di Valentino si impone un riconoscimento che supera la gloriosa memoria dei risultati, dei sorpassi, delle impennate, delle imprese.

Ecco, Rossi è stato, immagino senza nemmeno averne completa consapevolezza, un antidoto. Si è fatto carico di tentare di restituire la speranza e l’allegria ad un’Italia che, nell’epoca delle sue cavalcate su due ruote, si andava sempre più avvitando tra rassegnazione e malinconia, nella strisciante incapacità di continuare a progettare il futuro.

Lo ammiravamo dal divano di casa e ci veniva spontaneo dire a noi stessi: ehi, ma allora si può fare!

Guardate che la grandezza rara dei campioni proprio in questo risiede: nella creatività che genera l’esempio. Fu così per Coppi e Bartali, che pedalavano sulle macerie della Guerra. Fu così per Zoff e un altro Rossi, Paolo, che con un Mundial vinto posero idealmente fine allo strazio degli anni di piombo. È stato così per il signor Rossi, eccezionale a dispetto di un cognome tanto banale.

Ho conosciuto nonne che la domenica pomeriggio si rifiutavano di prendere in consegna i nipotini perché dovevano sintonizzarsi sulla gara della MotoGP. Ci sono giovani laureati che andavano all’asilo quando Valentino era già campione del mondo.

Talvolta ho avuto l’impressione che questo Peter Pan delle due ruote fosse perennemente in fuga dalla paura di invecchiare: anche in questo l’ex ragazzo di Tavullia è stato uno di noi.

E lo resterà, anche ora che ha saggiamente accettato di farsi raggiungere dal tempo.