Giovedì 18 Aprile 2024

Il calvario in cella dell’universitario-attivista

BOLOGNA

Quello di Patrick Zaki è stato un calvario lungo 22 mesi. Tutto è iniziato il 7 febbraio 2020. Patrick atterra al Cairo per quella che doveva essere una breve vacanza in famiglia. Viene fermato e sottoposto a torture durante un interrogatorio. Il giorno dopo scatta l’arresto. Il ricercatore compare a Mansura, in stato di arresto per un mandato di cattura emesso nel 2019.

Tra le accuse formalizzate: istigazione alla violenza, alle proteste, al terrorismo, gestione di un account social che punta a minare la sicurezza pubblica. Per lui scattano 15 giorni di custodia cautelare. Da una petizione su Change.org inizia la mobilitazione internazionale. Il 9 febbraio scatta un flash-mob in piazza Maggiore a Bologna: "Libertà per Patrick". Si muove la Farnesina. Il 12 febbraio. Il Parlamento europeo chiede che Zaki "sia rilasciato subito". Il 22 febbraio nuova doccia fredda con un rinnovo di 15 giorni della custodia cautelare. Il 13 luglio il Tribunale egiziano dispone il rinnovo della custodia cautelare, per ulteriori 45 giorni.

Solo il 29 agosto. Patrick riceve la prima visita in carcere: sono passato 5 mesi e mezzo. la detenzione è durissima. Il 21 dicembre lo sfogo di Patrick in prigione: "Sono esausto fisicamente e depresso". La sua Bologna non lo dimentica e l’11 gennaio Patrick Zaki ne diventa cittadino onorario. Il primo febbraio altri 45 giorni di custodia cautelare.

Il 5 febbraio viene lanciata la petizione per concedergli la cittadinanza italiana. Il 6 febbraio Patrick lancia un appello agli amici e agli attivisti: "Lottate per me". Così è. Il 14 aprile i Senato dice si alla proposta di chiedere la cittadinanza italiana per Patrick. Il 13 settembre, dopo 19 mesi di custodia, arriva il rinvio a giudizio. E ieri il tribunale ne ordina la scarcerazione, pur se il processo continua.