
Un giorno lungo una vita: Indi Gregory resta attaccata alle macchine mentre al centro cure palliative pediatriche di Passoscuro (Fiumicino) dell’ospedale Bambino Gesù di Roma un lettino è sempre pronto per dare speranze a chi secondo i medici inglesi speranze non ha. Il distacco previsto ieri alle 15 italiane e poi spostato alle 17 ha avuto un nuovo rinvio: domani alle 12 ora di Londra, l’una da noi, si riunisce la Corte di Appello britannica che ha ricevuto da Roma la richiesta per lo spostamento della giurisdizione alla nostra magistratura, visto che da tre giorni la bimba di otto mesi nata con una deplezione mitocondriale è cittadina italiana grazie al provvedimento adottato dal governo di Giorgia Meloni.
La richiesta presentata dal nostro console a Manchester, Matteo Corradini, tutore della piccola, chiede che si aderisca al piano terapeutico del Bambino Gesù. Qualsiasi decisione sarà ora rimandata alla fine dell’udienza. Un calvario, quello di Indi e della famiglia, che non ha fine, ma che lascia ancora grandi speranze negli indomiti genitori Dean e Claire. Il padre lancia di nuovo la sua crociata per il trasferimento della piccola in Italia in un video trasmesso da La7: "Pensiamo che sia nel miglior interesse di Indi venire in Italia per ricevere le cure che potrebbero aiutarla a respirare aprendo una valvola attraverso l’impianto di uno stent, per poi poterci concentrare sulla sua malattia mitocondriale che può essere trattata con queste terapie. Sappiamo che Indi è una combattente, lei vuole vivere, e non merita di morire". Il loro grazie al nostro Paese è ribadito dal legale che rappresenta in Italia la famiglia Gregory, l’ex senatore della Lega Simone Pillon, che ha dato la notizia del rinvio assieme a Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia: "Sono state attivate dall’Italia – precisa - le procedure ex articolo 9 e 32 della Convenzione dell’Aja. Il superiore interesse del minore è quello di vivere e non di morire. Speriamo ancora in un accordo. La speranza divampa".
Indi è ricoverata al Queen’s Medical Center di Nottingham dove i medici ritengono che non ci sia alcuna possibilità di cura e che la piccola deve essere accompagnata alla fine in una struttura adeguata e non è possibile portarla a casa come i genitori chiedevano. Poi l’offerta italiana, come fu per Charlie Gard, che soffriva della stessa malattia: il suo iter non fu portato a termine e il piccolo morì a Londra il 28 luglio 2017, una settimana prima di compiere un anno. Dean Gregory contesta il desiderio dei medici di staccare le macchine anche come costi: "Ha un Paese che si offre di pagare per tutto: dobbiamo solo portarla lì, così non costerà nulla all’ospedale o al governo". "La nostra priorità – replica Keith Girling, responsabile dell’ospedale universitario di Nottingham - rimarrà quella di fornire a Indi cure specialistiche adeguate alle sue condizioni e in linea con le indicazioni della Corte, sostenendo la sua famiglia in ogni modo possibile". Ma per la clinica inglese esiste un burrascoso precedente: all’inizio dell’anno i genitori di una neonata, Wynter Sophia Andrews, morta il 15 settembre 2019, 23 minuti dopo essere venuta al mondo con un taglio cesareo d’urgenza, hanno ricevuto da un tribunale un indennizzo record di 800mila sterline per la serie sistematica di errori commessi nella cura della madre e della piccola da parte di medici e infermieri. E si dice che nella struttura ci sia una pericolosa carenza di personale. Schierata con i Gregory è la Conferenza episcopale italiana che ricorda come "la vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata".
Da parte sua il Codacons, ribadendo che la bimba ora è italiana e la magistratura britannica interferisce con la nostra giustizia, ha presentato "un formale esposto alla Procura della Repubblica di Roma affinché apra un’indagine sul caso, accertando se il comportamento della Corte e del giudice Robert Peel possano configurare ipotesi penalmente rilevanti ai sensi del nostro ordinamento". Indi lotta con l’aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica: le cellule non ricevono energia per sostenere gli organi vitali. Scoperta dieci anni fa, sulla rarissima malattia è in fase sperimentale una terapia genica, ma "la strada è lunga", spiega il genetista Giuseppe Novelli.