Il caldo che fa paura Malori e proteste nelle fabbriche L’allarme: tanti casi come nel 2003

Un operaio stroncato da infarto nel Torinese. I sindacati: "In diverse aziende non c’è l’aria condizionata"

di Alessandro Farruggia

Il cambiamento climatico è qui e ora, e le ondate di caldo come quella in corso fanno morti non solo tra anziani e soggetti con patologie, ma anche tra i lavoratori, laddove non vengono attuati protocolli che riducano il rischio. È successo martedì a La Spezia dove un operaio è deceduto all’interno del cantiere Ferretti. È ricapitato l’altroieri a Rivoli, nel Torinese, dove un lavoratore della Dana Graziano è svenuto per il caldo ed è morto dopo aver sbattuto la testa cadendo. Secondo la denuncia dei sindacati che hanno proclamato quattro ore di sciopero, nello stabilimento non c’è l’impianto di climatizzazione e, per sopperire, l’azienda ha concesso 5 minuti in più di pausa.

La mortalità totale in Italia, dati aggiornati al 12 luglio, secondo il sistema di sorveglianza del ministero della Salute, è "superiore all’atteso nel Centro Sud", e uno degli elementi è il gran caldo. "Gli effetti sulla salute delle ondate di calore causate dall’aumento delle temperature – osserva l’epidemiologa Chiara Cadeddu, coordinatrice del dossier "Il cambiamento climatico in Italia" dell’Italian Institute for Planetary Health – sono già evidenti. Dal peggioramento di tante patologie, alla diffusuione di nuove malattie infettive come il West Nile Virus all’aumento dei decessi. Se l’estate 2022 continuerà con le temperature viste finora si prefigura un aumento della mortalità comparabile con quello registrato del 2003, che a suo tempo segnò un aumento del 25% rispetto ad una estate "normale", con punte del 32% in alcune città come Trento e Torino".

L’Istat stimò, all’epoca, 18.000 morti in eccesso in Italia rispetto al 2002, mentre il ministero della Salute calcolò circa 3.200 decessi in più in 3 mesi nei 21 capoluoghi di regione, di cui il 98% negli over 65. "Il nostro Paese – sottolinea il professor Walter Ricciardi docente dell’università Cattolica di Roma – è uno dei più colpiti dal cambiamento climatico e forse quello che necessita di più di interventi, che sono urgenti". I dati del 2020 (+1.54° rispetto al 1961-1990) e del ’freddo’ 2021 (+1.22° rispetto al 1961-1990) lo testimoniano e i dati più recenti sono ben peggiori, con giugno che registrava un anomalia di 2.88° gradi (il 2° giugno più caldo dal 1800), che salgono a 3.11 gradi nel centro Italia. L’allarme per i morti di caldo sul lavoro è uno dei molti che stanno suonando. "Con il cambiamento climatico in atto – osserva Marcello Scipioni, responsable sicurezza di Fiom – è un tema da affrontare con urgenza. Servono interventi strutturali o ridiscutere i ritmi di produzione, facendo più pause o cambiando gli orari. Alcune aziende lo fanno, altre no. Servirebbero più controlli". "In quasi nessun cantiere o opificio sono rispettate le regole dettate dalle linee guida della Regione: servono più controlli" denuncia anche Marco Carletti, segretario generale della Fillea Cgil di Firenze.

"Laddove non è possibile installare condizionatori – osserva Angelo Colombini, segretario confederale della Cisl con delega alla sicurezza – abbiamo chiesto di attuare il massimo ricambio d’aria e se necessario fare turni pù ridotti o più pause. E sarebbe poi l’ora che, in caso di ondate di calore si adeguassero stabilmente gli orari di lavoro, evitando la fascua dalle 12 alle 16". Anche la Uil Toscana, attraverso le parole del segretario generale Paolo Fantappiè, chiede di "alzare il livello di attenzione alle aziende, soprattutto per chi, nelle ore più calde, è costretto a lavorare all’aperto e in contesti che possano generare pericoli derivanti dalle alte temperature". Perché una cosa è certa. Senza un adattamento ai cambiamenti climatici, da condurre assieme ad un riduzione delle emissioni, i morti delle ondate di calore non potranno che aumentare.