Il bonus psicologo aiuta le famiglie

Paola

Boldrini (*)

Ho letto con interesse l’intervento di sabato del direttore, Michele Brambilla, sul Bonus Psicologo di cui il Ministro Roberto Speranza ha firmato il decreto attuativo. Ho sostenuto da subito il provvedimento, sottoscrivendo un primo emendamento alla legge di bilancio in Senato, ritenendolo necessario, non salvifico. Nelle parole di Brambilla colgo legittima preoccupazione per i ragazzi, i più danneggiati dalla pandemia perché ‘interrotti’ nella socialità. Seguendo il suo filo, tengo tuttavia a fare alcune puntualizzazioni: il Bonus non è stato presentato come la Panacea di tutti i mali; la misura sostiene chi ritiene di avere bisogno di un percorso psicoterapeutico, purché effettuato da specialisti iscritti all’Ordine, e contribuisce a sdoganare lo stigma secondo cui a un professionista ci si rivolge solo per debolezza; lo Stato non attua un’azione risarcitoria nei giovani, che non sono gli unici destinatari, ma prende in carico la salute mentale, tema cruciale del nostro tempo; col Bonus non si è ritenuto di risolvere un problema, ma di cominciare a risolvere parte del problema, presente già prima della pandemia con la diffusione di fenomeni come il bullismo, il cyberbullismo, hikikomori, disturbi alimentari, poi acutizzatisi. Sono gli studi a confermarlo.

Il provvedimento va in aiuto alle famiglie che non possono accedere ad un servizio psicologico a pagamento. Un disagio che si risolverà quando saranno assunti più psicologi all’interno del Servizio sanitario nazionale e quando sarà introdotta la figura dello psicologo di cure primarie, fronti su cui c’è la massima attenzione. Come siamo consci che il Bonus non è la soluzione, lo siamo che non è un indennizzo frutto di un pentimento da espiare. È uno strumento di cui chi ritiene può servirsi. Anche per eliminare le paure e le ansie, quando eccessive, cui Brambilla fa riferimento nella sua riflessione.

(*) Vice Presidente Commissione Sanità

in Senato, prima firmataria Ddl

sul Bonus Psicologo