Il bikini per giocare? No, grazie Le norvegesi vincono la battaglia

Pallamano in spiaggia, la nazionale nordica si rifiutò di indossarlo ("è sessista") e fu multata. Dopo le proteste internazionali e migliaia di firme raccolte, la Federazione europea ha cambiato le regole

di Viviana

Ponchia

Basta slip e top succinti, le ragazze della pallamano da spiaggia hanno vinto la loro battaglia. Possono buttare il bikini e andare sotto rete in calzoncini da ciclista e canottiera, una divisa più tiepida conquistata dopo mesi di battaglia contro le regole sull’abbigliamento sportivo giudicate inique e sessiste. Era cominciata l’estate scorsa agli Europei di Varna in Bulgaria. Le giocatrici della nazionale norvegese di beach handball di punto in bianco si presentarono in campo con i mutandoni rifiutandosi di pestare la sabbia mezze nude e furono multate (1.500 euro a testa) dalla Federazione. La scena risultò abbastanza surreale: da una parte le nordiche castigate, dall’altra le spagnole in quella tenuta minimal che, diciamolo con rammarico, è una delle ragioni per cui questa disciplina non olimpica ha così tanti estimatori. Lo ricordava la supermodella Helena Christenses: "È davvero intimidatorio andare in spiaggia in bikini". E lo sospettava anche il sarto francese Louis Réard, "colpevole" nel 1946 di avere lanciato il due pezzi da donna. Chiamiamolo bikini, disse, folgorato da un’intuizione promozionale come ce ne sono poche. Bikini come l’atollo nell’Oceano Pacifico in cui all’epoca si pasticciava con gli esperimenti atomici, per via degli effetti esplosivi sull’opinione pubblica (che infatti ci mise 15 anni a tollerare e infine apprezzare l’evoluzione del costume intero).

Sbarcate nel 2021, quando persino il topless e il tanga ormai provocano sbadigli, le norvegesi hanno deciso di non volere più essere seguite per le ragioni sbagliate. Per la cronaca il terzo posto lo vinse la Spagna. E le avversarie furono raggiunte dall’insolita sanzione per "abbigliamento non consono". Seguirono polemiche e dubbi: perché mai un paio di boxer aderenti alla Peter Sagan è ritenuto inadatto in uno sport che prevede forti contatti fisici e dinamiche di gioco simili al calcio? Meglio tutte nude già che ci siamo? Le ragazze spiegarono perché basta bikini: queste uniformi non sono indicate quando devi fare le contorsioni e hai migliaia di sguardi puntati addosso. La questione però non era solo di ordine pratico: perché i maschi sì e le femmine no? Perché agli uomini viene permesso senza ingerenze di giocare con lunghe canotte e pantaloncini sopra al ginocchio?

La Federazione europea, sommersa dai "buuh", cercò una giustificazione plausibile dicendo che la mozione per un abbigliamento più inclusivo era già stata avanzata da altre nazionali, ma che a causa di una serie di ritardi non era stato possibile accoglierla.

Le norvegesi neanche una piega: "Abbastanza è abbastanza. Continueremo a lottare per cambiare le regole".

Detto fatto. Grazie anche alla raccolta di firme di Collective Shout, l’associazione che si occupa di uguaglianza di genere, le regole sono cambiate. Prendere nota: nel beach handball femminile da adesso in poi si possono indossare "pantaloncini corti aderenti" e non più "slip del bikini con una vestibilità aderente e tagliati con un angolo in alto verso la parte superiore della gamba". Idem per il sopra: via libera alla canottiera.

"Spero che questo sia l’inizio della fine del sessismo e dell’oggettivizzazione delle donne e delle ragazze nello sport", ha detto sollevata L’attrice e attivista Talitha Stone, fin dal primo momento dalla parte delle ragazze. L’umorista americano Garrison Keillor avvertiva che una donna in bikini è come avere una pistola carica sul tavolino: non c’è niente di sbagliato, ma è difficile smettere di pensarci. Più prosaicamente l’ex primo ministro di Israele Shimon Peres guardava all’empasse dei vicini: "Uno dei fattori trainanti dell’Egitto è il turismo. Se non tollera il bikini non avrà più turisti. Si impone una scelta". Ecco appunto.