Il biglietto del cliente esalta il Duce. Rider lo strappa e perde il lavoro

A Bologna un trentenne è stato scaricato dalla piattaforma che garantisce la consegna di vino a domicilio. L’episodio il 25 aprile. L’azienda si difende: distruggendo l’ordine ha violato la privacy e i valori aziendali

Biglietto sul Duce: rider licenziato

Biglietto sul Duce: rider licenziato

Punto primo: quel messaggio inneggiante al Duce non doveva mai essere trascritto sul biglietto. Punto secondo: il rider, che aveva il compito di consegnarlo insieme a due bottiglie di vino, pur stigmatizzandolo, non avrebbe mai dovuto strapparlo davanti alla cliente. Perché da quel momento non lavora più per Winelivery, la piattaforma che garantisce la consegna di vino direttamente a casa in pochi minuti e che opera in 70 città d’Italia garantendo la bellezza di tremila ordini al giorno. "Comportamento scorretto durante il job", addio lettere d’incarico e una cordiale stretta di mano virtuale. "Ma non finisce qui", replica lui, che ha già dato mandato a un legale di impugnare quel ’licenziamento’.

All’anagrafe Luca Nisco, 30 anni di Benevento, trapiantato a Bologna dove vive con la fidanzata. Professione rider, da febbraio lavorava per conto di Winelivery. Poi la rottura, datata domenica 25 aprile. Tre giorni fa quando è stato incaricato di recapitare due bottiglie di vino in un’abitazione di via San Mamolo, la zona della Bologna bene che apre la strada verso i colli. Un regalo corredato da un biglietto come da volontà del cliente. "Il quale – spiega Luca – al momento dell’ordine può decidere la frase che digiterà e verrà poi trascritta da noi sul biglietto". In questo caso è un collega a farlo. Quel testo però è molto diverso dai soliti: "In questo giorno di lutto – si legge in riferimento al 25 aprile – che il nostro Duce possa guidare da lassù la rinascita". Punto. "Ci siamo guardati tutti in faccia imbarazzati – riprende –, qualcuno ha commentato. Ho provato indignazione per quel messaggio, stupore che ancora oggi siano scritte certe cose".

Il viaggio in moto comunque prende vita, la busta deve arrivare entro 30 minuti, le bottiglie devono essere garantite fresche. Ma davanti alla destinataria dell’ordine-regalo, il rider estrae il biglietto e lo strappa. E che c’era scritto?, chiede lei. Risposta: "Oscenità". Ecco le bottiglie e buona giornata.

L’inizio dei guai. Già, perché l’amara sorpresa arriva il 26 mattina: "Buongiorno Luca, – è la mail della piattaforma che trova i corrieri per Winelivery – la presente per informarti che l’offerente ha annullato tutti i turni a te assegnati, segnalando un comportamento scorretto durante lo svolgimento di un job. Ti chiediamo di considerare nulle le lettere d’incarico ricevute". Fine del rapporto e tanti saluti.

Tocca all’azienda spiegare il perché al QN: "Alla voce ’termini e condizioni’ – precisa Winelivery – ci riserviamo il diritto di non consegnare un biglietto in caso in cui sia contrario al decoro, all’ordine pubblico, offensivo". Dunque, "il primo problema" sta alla base: l’operatore che ha trascritto il messaggio "non ha seguito l’indicazione aziendale". Tra l’altro mettendo nero su bianco "un bigliettino contrario alla legge". Operatore redarguito, ma senza conseguenze. A differenza del rider il quale, per la piattaforma, avrebbe "attuato due comportamenti scorretti".

A cominciare dalla "palese violazione della privacy", l’aver aperto il sacchetto per poi leggere il biglietto. "Al netto del contenuto, non doveva assolutamente accadere". E c’è l’altro "comportamento non in linea con i valori aziendali", cioè l’aver strappato il messaggio. Che colpa ne aveva il destinatario, si domanda l’azienda, se il mittente, a corredo del vino, ha deciso di inviargli quella frase pericolosamente al limite con il reato di apologia del fascismo? Parole che sono "certamente da stigmatizzare", chiosa l’azienda, ma per aver "infranto il regolamento interno", da lunedì Luca Nisco "non lo riteniamo più una risorsa in linea con i livelli di servizi che vogliamo dare al clienti". Piuttosto che "comportarsi in quel modo", poteva "rifiutarsi di consegnare il sacchetto" e riportarlo indietro. "Nessuna violazione della privacy – chiude lui –, sì ho sbagliato a strapparlo, ma la reazione dell’azienda è eccessiva". Arrivederci in tribunale.