Verona, Ikea getta la spugna. Salta il nuovo punto vendita

"Troppe incertezze". Addio a mille posti di lavoro

Ikea (Newpress)

Ikea (Newpress)

Milano, 11 aprile 2019 - Non è la prima volta che Ikea lotta in Italia contro amministrazioni locali e burocrazia per aprire un negozio. Ma se le difficoltà del passato alla fine, seppure con tempi biblici, sono state superate e i punti vendita inaugurati, magari cambiando posto e dimensione, è difficile che questo si ripeta a Verona. A quasi quattro anni dalla prima firma sull’accordo con l’allora sindaco della città scaligera Flavio Tosi, Ikea ha annunciato l’addio al progetto.

Una decisione comunicata da Paolo Del Mastro Calvetti, responsabile di gestione e sviluppo immobiliare di Ikea Italia, all’attuale primo cittadino Federico Sboarina. "Purtroppo – ha spiegato il manager – l’incertezza degli scorsi mesi rispetto alla possibilità di procedere con il progetto originario di negozio Ikea e centro commerciale (una soluzione che avrebbe garantito una sostenibilità finanziaria nel lungo termine) non ha creato le condizioni per poter procedere con la pianificazione di un investimento così importante".

E anche "in ragione delle più generali valutazioni strategiche che Ikea sta svolgendo a livello internazionale", è stato così cancellato il piano di aprire polo come quelli di Villesse (Gorizia) e Brescia. Ikea, secondo Tosi, avrebbe parlato di "ripetuti ritardi e rinvii" nella definizione dell’area (la Marangona) dove realizzare un’opera da 280mila mq, di cui 120mila riservati alle vendite, che avrebbe creato mille posti di lavoro e un indotto da 250 milioni l’anno oltre, come opera compensativa, 4,5 km di variante della Statale 12 (valore 14 milioni). 

La vicenda veronese conferma quanto sia complicato in Italia investire e fare impresa. Tanto che secondo uno studio di Confindustria-Assolombarda ci sono aziende che hanno dichiarato oltre 4 anni per aprire un nuovo stabilimento. Secondo la Banca Mondiale siamo 51esimi per la facilità di fare business, stretti tra Montenegro e Romania. Mentre nel rapporto 2016-2017 del World Economic Forum su 138 Paesi siamo 136esimi (peggio solo Brasile e Venezuela) per la competitività frenata dalla burocrazia. Quella burocrazia di cui in passato ha fatto le spese Ikea. Con i ritardi accumulati per aprire a Torino (alla fine è arrivato lo store di Collegno) e a Perugia.

Qui si parlò per la prima volta dello sbarco del gigante svedese nel 2006 e tredici anni dopo, al posto dell’investimento da 40 milioni, è stato aperto uno dei sei piccoli punti Progetta & Arreda che, assieme al quasi centinaio di Pick Up Point (rispetto ai 21 store) rappresenta la nuova strategia di negozi light per rispondere al cambiamento di un mercato dove cresce sempre più l’e-commerce. 

Ma il caso che ha fatto più rumore è Pisa. Nel 2011, dopo sei anni, per le opposizioni locali Ikea abbandonò il progetto da 60 milioni per un negozio a Migliarino (Vecchiano). Un caso citato come esempio della cattiva Italia della burocrazia dall’Herald Tribune e dall’ex presidente della Commissione Ue Barroso mentre anche l’allora ad di Ikea Italia, Lars Petersson parlò della burocrazia come del "grande malato" del Bel Paese. Con l’intervento del governatore toscano Enrico Rossi gli ostacoli furono rimossi e lo store poi aperto a Pisa. Quel che non succederà a Verona.