Venerdì 19 Aprile 2024

Iglesias lascia E la sinistra aspetta ancora

Gabriele

Canè

E così un altro "vaffa" se ne va. Un "vaffa" più elegante, che non pescava dal linguaggio di Grillo, ma dal giuramento di Obama: Podemos (possiamo), la via spagnola al "we can" (possiamo) del già presidente Usa. Ma Pablo Iglesias non è Barack, e il suo movimento è un bambino che ha finito per suicidarsi in culla: nato per affermare la democrazia diretta, l’economia green, l’uno vale uno (vi ricorda qualcosa?), ha finito per diventare un movimento debole nella lotta, e improbabile al governo. La batosta di Madrid, è stato per lui il definitivo "non possumus" di Pio VII, non possiamo permettere che tu guidi questo Paese. Iglesias, che è uomo d’onore, ha annunciato che lascerà la politica. E lo farà. Come fece Aznar nel 2004, a poco più di 50 anni, e come capita nel mondo. Un po’ meno in Italia, dove la fede si concentra sulla eternità delle poltrone. Iglesias se ne va, perché a Madrid hanno stabilito che possono convivere Covid e libertà, e lascia dietro di sé anche dalle nostre parti orfani e rimpianti. Intanto un movimento 5Stelle che ricalca in tanti aspetti il pensiero e la parabola di Podemos: dalle piazze ai Palazzi, per finire molto probabilmente negli alloggi di servizio. Poi, la sinistra in generale, da tempo in giro nei supermarket delle idee in cerca di modelli: che fosse Podemos, appunto, Obama, o Syriza in Grecia con il suo leader, Tsipras, al punto da presentare alle elezioni europee una lista con il suo nome. Una sinistra in cerca di autore, in Italia e in Europa, più propensa all’import dopo aver coltivato per anni un sontuoso export. La via italiana al socialismo di Berlinguer non aveva bisogno di modelli, lo era; e neppure quella francese di Mitterrand: noi siamo a discutere di Fedez e di Rai, e lui già nel 1987 aveva privatizzato la prima rete . "D’Alema, dì una cosa di sinistra", invocò nel ‘98 Nanni Moretti. Iglesias se ne va. E Moretti sta ancora aspettando.