I vaccinati non sono contagiosi. "E l’immunità dura due anni"

Copertura del 90% dopo la seconda dose. Rasi, ex presidente Ema: i dati recenti spingono all’ottimismo

Un vaccino a vettore virale utilizza un adenovirus incapace di replicarsi

Un vaccino a vettore virale utilizza un adenovirus incapace di replicarsi

Roma, 31 marzo 2021 - Circola in queste ore un dato che evidenzia la capacità dei vaccini anti-Covid di fornire un doppio scudo protettivo: oltre a difenderci dalle conseguenze letali e invalidanti dell’esposizione al virus Sars-Cov-2 si dimostra capace di interrompere la catena dei contagi. Si è visto infatti che il rischio di contrarre l’infezione, nella popolazione sottoposta a vaccino mRna, tipo Pfizer o Moderna, risulta ridotto del 90% dopo due dosi, essendo già dell’80% dopo una singola dose. Lo studio è stato condotto dai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) su 3.950 medici e infermieri vaccinati negli Stati Uniti, monitorati per 13 settimane a partire da dicembre.

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Come fanno i vaccini a rallentare i contagi

Servono almeno due settimane, dopo la somministrazione di ciascuna dose di vaccino, per sviluppare anticorpi protettivi. Questi anticorpi (e in tempi successivi la risposta immunitaria mediata per via cellulare) impediscono al virus di agganciarsi alle cellule, infettarle e moltiplicarsi. Quindi difendono organi e apparati, e impediscono al tempo stesso al virus di passare da un ospite all’altro. Niente a che vedere con previsioni fatte a tavolino o su colture cellulari in laboratorio, qui parliamo di misurazioni svolte sul campo. Ora sappiamo che la vaccinazione spezza anche l’effetto domino, quel balzo che permette il passaggio dell’agente infettivo da un soggetto a un altro perpetuando la pandemia.

Per quanto tempo siamo protetti?

Dunque, partendo dal fatto che la profilassi sbarra la strada alla famigerata sindrome Covid-19, e a parte una ovvia variabilità individuale, quanto a lungo si protrae l’immunizzazione conferita dal vaccino anti-Covid? Guido Rasi, professore di microbiologia all’Università di Roma, Tor Vergata, è ottimista: "Evito sempre di fare previsioni – ha affermato l’ex presidente dell’Ema, agenzia europea dei medicinali – ma da immunologo azzardo l’unica, che spero di non sbagliare: secondo me la protezione dura un paio d’anni. E sono l’unico a sostenerlo, quindi spero di non pentirmi". Sulle stime relative alla durata dello scudo vaccinale si valuta di mese in mese: "Ad aprile dell’anno scorso abbiamo avuto i primi vaccinati" negli studi clinici, ha spiegato Rasi, e ora "siamo arrivati a un anno. Ogni mese aggiorniamo i dati, e speriamo di continuare così". Ovvia la considerazione, non possiamo dire a priori con assoluta certezza quanto a lungo si protrarrà l’effetto del vaccino, perché siamo solo all’inizio della storia.

RNA e vettore virale, che differenza c'è?

Un vaccino a vettore virale utilizza un adenovirus inoffensivo, cioè incapace di replicarsi, per far viaggiare l’antigene e veicolare nelle cellule l’informazione (sotto forma di sequenza di codice genetico) che attiva il sistema immunitario. In questo modo le cellule competenti verranno indotte a produrre anticorpi contro la proteina spike, e in secondo luogo elaborano una sorta di memoria immunitaria. I vaccini anti-Covid a mRna introducono nelle cellule una sorta di messaggero, che induce a sintetizzare proteine a scopo difensivo. Due veicoli, due meccanismi di tipo diverso, ma lo scopo finale è lo stesso.

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