"I vaccinati Covid possono contagiare". L’immunologo: no al patentino

Il professor Cozzi condivide l’allarme degli scienziati britannici. "Il passaporto non dà sicurezza"

Vaccino contro il Covid

Vaccino contro il Covid

Roma, 25 gennaio 2021 - Le persone vaccinate contro il Sars-Cov-2 sono protette, ma potrebbero albergare ugualmente tracce di virus nelle prime vie aeree e trasmetterlo involontariamente. L’avvertimento è di Jonathan Van Tam, numero due della Sanità inglese, il quale ribadisce che è opportuno continuare a seguire le regole di distanziamento anche dopo le iniezioni. Chiediamo a Emanuele Cozzi, cattedratico all’Università di Padova, dove è responsabile dell’Unità di immunologia dei trapianti nell’Azienda ospedaliera, che tipo di precauzioni occorre adottare.

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Professore, i vaccinati potrebbero in teoria trasmettere il virus, ma in misura attenuata. Cosa sappiamo al momento?

"Le sperimentazioni con altri coronavirus eseguite in passato si sono concluse con un invito alla prudenza. Per quanto riguarda la pandemia attuale, sappiamo per certo che chi è vaccinato risulta protetto, ma questa copertura non raggiunge il cento per cento, quindi per qualcuno potrebbe avere un effetto solo parziale, e passa così il Covid-19 ad altri".

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Anche dopo la somministrazione della seconda dose?

"La carica virale probabilmente si abbatte dopo il richiamo, ma non sappiamo in quali proporzioni si interrompe la catena dei contagi".

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Questo è un dato cruciale per i cosiddetti patentini vaccinali chiesti dalle categorie economiche, e dalle organizzazioni del turismo. È pensabile dare una sorta di lasciapassare ai vaccinati?

"Dubito che si possa garantire una immunità con un documento. Le persone vaccinate possono stare tranquille, ma devono continuare a rispettare le misure igieniche precauzionali per i motivi detti prima".

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Vista la frenata nei rifornimenti da parte delle industrie farmaceutiche, che dimezzano le prospettive del piano vaccinale, quando si può sperare di ottenere l’immunità di gregge in Italia?

"Dipende in gran parte da cosa accadrà nelle prossime settimane. Nel Regno Unito la campagna è iniziata l’8 dicembre, hanno già somministrato una prima dose a 5,8 milioni di abitanti, sono arrivati a vaccinare 478.248 persone in un solo giorno. In Italia abbiamo viaggiato al ritmo di 50mila vaccinazioni giornaliere, e dovendo arrivare a proteggere almeno il 70% della popolazione ce ne vuole: per arrivare al traguardo in 200 giorni dovremmo tenere il ritmo degli inglesi. Io credo che in Italia ci siano le potenzialità per fare di più. Deve arrivare il vaccino AstraZeneca Oxford, in prospettiva si aggiungerà quello di Janssen e gli altri a seguire, per non dire degli anticorpi monoclonali. L’immunità di gregge è importante sotto vari punti di vista, non solo per la ripresa economica e i viaggi. Occorre proteggere chi è vulnerabile, come gli anziani con malattie croniche, le persone immunodepresse dopo trapianti e quanti, anche bambini, si sottopongono alle cure oncologiche".

In questa fase di emergenza meglio somministrare una sola dose a più persone, ritardando i richiami, o è preferibile completare il ciclo e assicurare due dosi, ma con una copertura circoscritta a meno individui?

"I criteri sono chiari, si raccomandano due dosi nell’arco di 3 settimane per il vaccino Pfizer. Se le autorità dovessero prendere in considerazione l’idea di cambiare strada, lo faranno a ragion veduta. I dati però evidenziano che la prima dose da sola è senz’altro meno efficace, il ciclo deve essere completo".

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