Giovedì 18 Aprile 2024

I turisti dell’orrore Cogne, Rigopiano e il Giglio Quando la vacanza è macabra

Sempre più persone scelgono come meta delle ferie i luoghi di stragi, catastrofi o delitti efferati. E un sondaggio Usa svela che il 30% vorrebbe visitare Azovstal, l’acciaieria assediata in Ucraina

Migration

di Alessandro Belardetti

Cogne, l’isola del Giglio, Amatrice, il campo di Brembate a Bergamo, Rigopiano. Ma anche le Torri Gemelle, i pub e ristoranti di Parigi in cui hanno colpito i jihadisti dell’Isis, la scuola di Columbine, la foresta dei suicidi in Giappone e Chernobyl. Sono alcuni dei teatri di stragi, delitti misteriosi, eventi naturali catastrofici e attentati di massa: i turisti li scelgono sempre di più come meta per le vacanze. Dopo la fine della pandemia, o meglio delle restrizioni che avevano bloccato le persone all’interno di confini molto ristretti, è esplosa la voglia di turismo dell’orrore.

Uno studio pubblicato da Passport-photo.online, la cui équipe ha intervistato più di 900 persone, ha fatto emergere i dettagli di questo movimento mondiale. L’82% dei viaggiatori americani ha dichiarato di aver visitato almeno una destinazione turistica macabra nel corso della propria vita. Oltre la metà ha ammesso di preferire viaggi in posti in cui è in corso qualcosa (una guerra, una dittatura…) o in ex zone di conflitti bellici. Circa il trenta per cento ha dichiarato di voler visitare, una volta terminata la guerra in Ucraina, l’acciaieria Azovstal, dove i soldati ucraini hanno resistito per mesi alle forze russe.

"La sempre maggiore popolarità del turismo nero fa intendere che dopo il Covid è in crescita il numero di persone contrarie alla classica vacanza d’evasione, molte di loro scelgono infatti di vedere direttamente luoghi di dolore dei quali hanno letto o visto in televisione qualcosa", analizza al New York Times, Gareth Johnson, fondatore di Young Pioneer Tours, un’agenzia specializzata nell’organizzazione di viaggi in destinazioni associate alla morte, alla tragedia, al macabro. Andrea Janes, fondatrice dell’agenzia “Boroughs of the dead: macabre New York city walking tours“, l’anno scorso aveva dubbi per rispetto delle vittime se fare ripartire subito dopo la pandemia i tour nei posti infestati dai fantasmi. "Quando abbiamo riaperto – ha detto Janes – siamo rimasti sorpresi dall’alto numero di prenotazioni. I clienti erano particolarmente desiderosi di ascoltare le storie di fantasmi di Roosevelt Island, sede di un ospedale dell’800 dove si curavano pazienti affetti da vaiolo".

Gli appassionati di cronaca nera usano le loro ferie per immergersi negli angoli più tetri e perfino violenti del mondo, magari portandosi a casa un souvenir o una selfie-testimonianza. Roberto Escobar, il fratello del re dei narcos Pablo, ha costruito un business molto redditizio sugli itinerari, le ville e i covi usati dal cartello di Medellin, registrando il marchio e fondando un vero e proprio museo con la prenotazione dei biglietti e guide esperte. "Visitare impianti nucleari abbandonati o Paesi dove ci sono stati genocidi è un modo per comprendere la dura realtà delle attuali crisi politiche, le calamità climatiche, della guerra e la crescente minaccia dell’autoritarismo", spiega l’inglese Jodie Joyce, che ha attraversato la Corea del Nord e Chernobyl. E accusa: "Quando il mondo è in fiamme o inondato, e nessuno può permettersi di pagare le bollette, sdraiarsi su una spiaggia di un villaggio turistico a 5 stelle è imbarazzante".

Il termine “turismo nero“ venne coniato nel 1996 dagli studiosi scozzesi J. John Lennon e Malcolm Foley, autori del libro Turismo nero: l’attrazione verso la morte e il disastro. "Le persone usano il loro tempo libero per assistere all’orrore da centinaia di anni – spiega Craig Wight, professore associato di Gestione del turismo all’università Napier di Edimburgo –. Questo fascino risale alle lotte dei gladiatori dell’antica Roma. Un tempo la gente andava a vedere le impiccagioni pubbliche, c’erano turisti seduti comodamente in carrozza a guardare la battaglia di Waterloo".

Negli ultimi anni sono nati in tutto il mondo di operatori turistici specializzati, ma certi viaggiatori voyeur scatenano indignazione: da chi si fa autoscatti al campo di concentramento di Dachau a chi va a curiosare nei quartieri di New Orleans distrutti dall’uragano Katrina. "Ma la maggior parte di questi turisti non sono voyeur – dice Sian Staudinger, che organizza itinerari in Europa, al quotidiano Usa –. I nostri clienti fanno domande serie, non parlano a voce troppo alta, non ridono, non scattano foto in un campo di concentramento. Noi diamo regole precise: ad esempio, niente selfie". Il turismo macabro aiuta anche le persone "a elaborare cose oscure, come la realtà della morte e della violenza", spiega l’esperto Jeffrey S. Podoshen, docente di Marketing al Franklin and Marshall college. "La gente vede in questo tipo di viaggi un modo per prepararsi al peggio".