Giovedì 25 Aprile 2024

I Talebani e quel ricatto stile Erdogan

Mario

Arpino

A Doha prosegue la pantomima occidentale, che regala vittorie ai nemici della nostra civiltà. Il mantra del "colloquio con i Talebani, ma senza riconoscerli" ha in sé quel misto di tragico e di penoso di chi si sente in colpa. C’è chi aveva intuito questo atteggiamento già 140 anni orsono. Correva l’anno 1878 quando Otto von Bismarck vedeva nel suo tempo un momento straordinario, dove "…il forte è reso ormai debole dai suoi scrupoli morali ed il debole si è fatto forte grazie alla sua arrogante spregiudicatezza". Premonizione, o visione illuminata? Non lo sappiamo, ma è esattamente ciò che stiamo osservando ai giorni nostri.

Così, il ministro degli Esteri dell’Afghanistan, dove si governa in base a una interpretazione restrittiva della legge coranica, invece di ringraziare chi ha loro regalato il potere chiedendo in cambio (ma ne siamo proprio sicuri?) l’applicazione dei "principi universali della Carta dell’Onu", si permette di alzare i toni. Minacce nell’ambito della "sicurezza" e delle "migrazioni economiche" sono state esplicitamente indicate come due proiettili di grosso calibro inclusi nella panoplia. Quasi contemporaneamente, nel corso del G20 straordinario, una gongolante presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, annunciava aiuti umanitari per un miliardo di euro a diretto supporto del "popolo afghano", quindi senza passare attraverso il governo talebano, che rimane sotto sanzioni. Attendiamo, con curiosità, di capire con quale giochino.

Minacce di sommergerci con i migranti le aveva già formulate Gheddafi, ma poi è stato sfortunato. Alla Turchia, invece, è andata bene, tanto che continua a incassare dall’Europa una parcella di "equo indennizzo". Da chi avranno imparato i Talebani l’arte del ricatto? Mah… C’è però un cattivo maestro, assai esperto, che a Kabul ormai è di casa. Speriamo che ci perdoni ogni sospetto.