I sindacati insistono: blocco dei licenziamenti Ma Super Mario tace e pensa a nuove strategie

Le imprese chiedono di continuare i sostegni. Sangalli: 300mila aziende a rischio chiusura. Bonaccini: usare i fondi Ue in modo efficace

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di Claudia Marin

Ascolto, dialogo, metodo: tutti nuovi e tutti ben accolti da Cgil, Cisl e Uil. "Non siamo mai stati convocati per la nascita di un governo", osserva, non a caso, Maurizio Landini. Ma quando si passa al nodo cruciale della stagione, il divieto di licenziamento, i sindacati ottengono ben poco dal premier incaricato. Mario Draghi non si sbilancia. Stretto tra la richiesta del sindacato di una proroga generalizzata del blocco fino alla fine di giugno e un divieto selettivo (solo per le imprese malmesse), l’ex numero uno della Bce di fatto rinvia la decisione a una prossima puntata della rinnovata concertazione. Ma fin da ora è possibile anticipare che l’impianto al quale sta lavorando il prossimo presidente del Consiglio prevede lo stop ai licenziamenti solo per le imprese che possono riprendersi e che, nella transizione, possono essere accompagnate dalla cassa integrazione, mentre per quelle decotte la cassetta degli attrezzi deve prevedere altre soluzioni: innanzitutto un’adeguata indennità di disoccupazione con il rafforzamento delle politiche attive per la riqualificazione e ricollocazione di chi perde il lavoro.

Il ragionamento del premier incaricato, formulato a più interlocutori in queste giornate, ruota innanzitutto attorno ai settori: la convinzione di fondo è che i due principali ambiti sui quali investire sono il turismo e la cultura, le "due nostre industrie nazionali". E, dunque, tutto quello che lo Stato potrà fare, come incentivi e sostegni in questi ambiti, andrà fatto. Compreso il salvataggio delle aziende che si trovano in condizioni disastrate.

L’impostazione, però, deve cambiare, secondo Draghi, quando si tratta di imprese di settori tradizionali manifatturieri in condizioni fallimentari: in questo caso l’obiettivo è tutelare i lavoratori e non lo specifico posto di lavoro. E, dunque, non bloccare i licenziamenti, ma sostenere il reddito con la Naspi.

Certo è che sul tavolo del premier incaricato, nella giornata di ascolto delle categorie produttive e degli enti locali, si sono moltiplicati i dossier con richieste e cahier de doleance: dallo stop ai licenziamenti agli investimenti, dalle misure di sostegno alla liquidità delle imprese a nuovi ristori.

La Confindustria di Carlo Bonomi ha dato un "convinto sostegno all’azione che dovrà intraprendere" il premier incaricato Mario Draghi, sottolineando la "necessità di una grande alleanza pubblico-privato per moltiplicare gli investimenti e concentrarli laddove più servono alla ripresa del Paese", perchè "c’è davvero molto da fare, e bisogna farlo presto e bene". Sul tavolo anche la questione credito: l’Abi con il presidente Antonio Patuelli sostiene la necessità che le misure "eccezionali" varate in questi mesi "dalle autorità europee e nazionali, a sostegno dell’economia produttiva, con prestiti garantiti e moratorie, non vengano interrotte anzitempo". Draghi, aggiunge, "si è dimostrato molto consapevole della problematica e dei rischi dei crediti deteriorandi".

Per le associazioni del commercio e dei servizi arriva l’appello per il premier incaricato a fare presto con il piano vaccini, i ristori, e le riforme. Draghi è stato "attento" e loro si aspettano "un cambio di passo". Per Confcommercio "servono ancora ristori tempestivi ed adeguati alle effettive perdite di fatturato e proroga ampia della cassa covid". Gli artigiani in "maniera unanime" chiedono di andare avanti con le "grandi riforme che dobbiamo fare dalla Pubblica amministrazione a quella fiscale, a quella della giustizia: è l’occasione per poterle fare, altrimenti non le faremo mai più".

Per gli enti locali Stefano Bonaccini ha detto di aver sottolineato tre questioni: "massimo impegno nel contrasto della pandemia, accelerazione della campagna vaccinale e un impiego efficace e tempestivo delle risorse del Recovery fund".